entro e non oltre"L'immigrazione, sul piano della ragionevolezza."

 Se provassimo a ragionare, così, giusto per vedere l’effetto che fa? Dico, non siamo poi messi così male al punto di privarci di utilizzare la ragione come principale risorsa per la risoluzione di un problema, qualsiasi esso sia. Abbiamo un cervello, chi più chi meno, e allora usiamolo, non dobbiamo averne paura. Sì, perché la sensazione che ad ogni problema di natura politica, sociale ed economica, si faccia riferimento solo e unicamente alla propria scala di valori o al proprio orientamento politico, senza considerare in alcun modo la logica e la ragione, è forte. Resta inteso che nessuno deve rinunciare alla propria scala di valori né al proprio orientamento politico, ci mancherebbe, ma sorvolare il piano della ragione, magari dall’alto, cercando di avvicinarsi ad esso, anche senza volerci atterrare completamente, potrebbe essere un buon esercizio  per tutti, me per primo. Sì, ma dove voglio arrivare? Semplicemente ad una valutazione del singolo problema da risolvere, che sia scevra (oddio che parola orribile) dal nostro più intimo convincimento, e utilizzi le varie opzioni in campo. Nessuno può negare che ogni problema ha sempre più soluzioni possibili, male che vada ne ha almeno due, il che sta a dimostrare che la scelta è possibile. Lo sappiamo per esperienza personale o semplicemente perché acuti osservatori delle esperienze altrui. Bene, andiamo al dunque e analizziamo il problema dei problemi: l’immigrazione. In questa assurda guerra fra novelli guelfi e ghibellini in cui ci siamo miseramente collocati, spesso per autocompiacimento più che per reale convinzione, la sensazione, spiacevole e soprattutto fuorviante, è che si utilizzi lo scontro in atto fra chi vorrebbe accogliere e chi no, più per autodefinirsi e autocollocarsi in un contesto politico ( quando, ancora peggio, non si arrivi al punto di utilizzarlo per definire la parte avversa,  ad es. buonista o razzista) che per risolvere la questione. Lungi da me la possibilità e capacità di individuare soluzioni e idee su come risolvere la questione immigrazione, credo che tuttavia tutti, nessuno escluso, dovremmo accostarci ad esso con maggiore cautela. Intanto l’immigrazione è un problema di chi parte disperato dalle proprie terre, quale che sia la ragione, per cercare di stare meglio altrove. Ora, per un attimo, proviamo ad immaginare una situazione oggettiva di difficoltà di ognuno di noi ed a come cercheremmo di risolverla. Io, al posto di chiunque di quei signori che affrontano difficoltà enormi, per scappare dalla propria terra, credo farei la stessa cosa. E secondo voi posso andare a dire loro “rimanete a casa vostra”, se anche io al loro posto farei lo stesso? Ovviamente no. Però ora mi tocca fare anche l’avvocato del diavolo e dire: sì, ma dove li mettiamo? Non lo so e francamente non credo sia una questione irrisolvibile, credo che l’Europa, non l’Italia da sola, possa accogliere ancora. Altra questione: ma lo Stato deve fare rispettare le regole? Certamente sì, ci piaccia oppure no. Le deroghe alle regole, non hanno mai portato a nulla di buono. E se li aiutassimo a casa loro? Sacrosanta verità e regola aurea per un problema come questo, se solo non ricordassimo quanto sia stato scellerato il nostro “aiuto” a quelle regioni elargito negli anni scorsi, e anche di recente. Abbiamo destabilizzato dio che non è dio pur di far valere le nostre ragioni occidentali a spese di quei popoli e quelle regioni in nome della democrazia d’esportazione e vogliamo essere credibili quando ancora una volta pretendiamo di dire “aiutiamoli a casa loro”? Rassegniamoci, non siamo più credibili da quel punto di vista. “Facciamo i campi profughi in Libia” dice qualche altro. Bene, convergete le diplomazie di tutto il mondo intorno a questo progetto e, chi tra i profughi ha diritto di asilo verrà condotto in uno dei paesi che aderirà a questo progetto, gli altri saranno lasciati e protetti sotto l’egida dell’Onu (se ancora esiste ed ha un ruolo) nei campi profughi in attesa che l’aiuto a casa loro si concretizzi in impegno reale alla cessazione dei conflitti in atto e in forme di sviluppo, fattivo e tangibile, dei paesi da cui scappano. Fattibile? E io che ne so, voi politici dovete sapere se sia fattibile o meno. Quel che voglio far emergere, anche se oramai è chiaro a tutti, è che siamo di fronte ad un vero e proprio sconvolgimento epocale ed è, scusate il francesismo, da idioti volerlo ricondurre ad una mera battaglia ideologica fra buoni e cattivi, perché si rischia di diventare, entrambi gli schieramenti, semplicemente dei fessi. Sì, siamo dei fessi, e non possiamo che definirci tali, e mi limito, se di fronte ad una situazione così complessa e contorta l’unica cosa che siamo in grado di fare, mi riferisco ovviamente a noi c.d opinione pubblica, è continuare in questa noiosa ricerca delle incoerenze nel campo avverso. E continuiamo così ad insultarci come razzisti o buonisti, al solo esprimere una semplice considerazione, ci rimpalliamo, come in una partita a ping pong, le mancate dichiarazioni di esponenti politici quando succedono eventi di cronaca che possano suffragare la nostra idea rispetto al problema. In questa continua cantilena sul perché la Boldrini non commenti o Salvini commenti troppo o Di Maio commenti sbagliando i congiuntivi, non ci rendiamo conto che stiamo dando il peggio di noi, come quando due compagni di vita durante una lite si rimbalzano le colpe dei parenti fino agli antenati, o come quando durante chiacchiere da sport “sì ma noi abbiamo vinto 85000 scudetti… sì ma noi abbiamo fatto il triplete e mai in B” ( giova ricordarlo). A questo ci siamo ridotti, battute a parte. Ora nel momento in cui io dico questo, probabilmente in viaggio ci saranno delle persone che cercano di arrivare nelle nostre coste per salvarsi da un probabile inferno. Io, da essere umano, non riesco a non vederli come persone, alle quali, qualunque sia il mio orientamento politico o la mia ideologia, prestare soccorso nei limiti di un qualsiasi individuo normale. La somma di queste persone costituisce una massa informe, che può fare paura, e il compito dello Stato è quello di comprendere e gestire il fenomeno nel rispetto della dignità di tutti, di chi deve essere accolto e di chi accoglie. Non è certo sana accoglienza ciò che abbiamo visto fino ad ora, eccezion fatta per l’enorme esercito di volontari che si è prodigato, durante gli sbarchi, in favore di queste persone. Detto questo aggiungo che blaterare in maniera appiccicosa o, peggio, piagnucolosa di “accoglienza”, senza prevederne e gestirne le conseguenze è assolutamente fuori luogo e molto spesso chi blatera di accoglienza non sa nemmeno cosa significhi, non sa che comporta sacrifici immediati e probabilmente futuri. Sì, perché vorrei ricordare che una volta che arrivano, queste persone, hanno bisogno di tutto, fino a che non possano essere autosufficienti. C’è bisogno di volontari per le mense, per i centri di accoglienza, c’è bisogno di spendere il proprio tempo in maniera diversa da come abbiamo fatto fino ad ora, c’è bisogno di riconsiderare le priorità che fino ad ora abbiamo considerato tali, c’è bisogno di valutare la possibilità che qualcuno di questi disperati sia uno stronzo e magari ce lo ritroviamo mentre ci fotte il portafoglio dalla macchina al semaforo, o peggio, si sommi alla schiera di stupratori nostrani, senza per questo dover essere costretti a generalizzare sul fatto che siano tutti stronzi ladri e stupratori, perché equivarrebbe a dire che tutti i reggini sono ndranghetisti, o tutti i cinesi copioni, o tutti gli iuventini antipatici (difatti si narra che qualche iuventino sia simpaticissimo, ma non voglio sconfinare nella leggenda). C’è infine da considerare che negli anni a venire si possa determinare un cambiamento sensibile della nostra scala di valori, per forza di cose, indipendentemente dalla volontà di chicchessia, perché sì, la diversità è cultura e ricchezza, ma non sempre il confronto fra le diversità, specie se religiose, è pacifico, tutt’altro. Spesso conduce a continue tensioni e scontri. Dobbiamo prevederlo tutto ciò - anzi più che prevederlo lo possiamo già raccontare come cronaca quasi quotidiana - mica possiamo fare finta che basti agitare un arcobaleno per rendere questo mondo migliore. Io, tuttavia, continuo a stare dove sono sempre stato, nonostante tutto, nonostante i rischi che si possano correre, nonostante abbia due figli per i quali spererei in un mondo pacifico e sereno o piuttosto, soprattutto perché ho due figli e non voglio che pensino che quando qualcuno ha avuto bisogno, il loro papà si è girato dall’altra parte.