Gli insulti a Laura Boldrini e le rane e i rospi della volgarità

Gli insulti a Laura Boldrini e le rane e i rospi della volgarità

lauraboldrini

di MARIA FRANCO

Gli insulti a Laura Boldrini – non parlo di “critiche”, quelle (che ciascuno condivida o meno) fanno parte della dialettica democratica: sono legittime sempre, e, in taluni casi, non sono solo un diritto ma un dovere dei cittadini consapevoli nei confronti di chi li rappresenta – gli insulti a Laura Boldrini, per la sguaiataggine sessista di cui sono intrise dovrebbero costituire il momento del “Basta” da parte di tutti coloro che non vogliono vivere in un clima di volgarità crescente.

Non è certo la prima volta che insulti pesanti sono caduti addosso a donne con posizioni di qualche rilievo nella sfera pubblica, politica, culturale o sociale che fosse, e ci sono state anche manifestazioni di fortissimo impatto, in particolare quella che vide in piazza, l’11 febbraio 2011, centinaia di migliaia di donne di età, condizioni sociali, ideologie diverse.

Ma è il momento che quel “Basta” vada ripetuto e la riflessione coinvolga un po’ tutti.

Uno. Questo è un paese con una grave e non sufficientemente analizzata “questione maschile”. Troppi maschi sembrano crescere/essere cresciuti senza diventare “uomini”. Tanto deboli nel senso di sé e della relazione con il genere “altro”, da guardare alle donne come pezzi di carne da usare: con un disprezzo che, in fondo in fondo, è disprezzo di se stessi.

Due. Come è possibile che donne che non hanno ancora mezzo secolo e che, come tali, sono cresciute in un clima culturale che parlava di “liberazione” tanto da considerare quelle che puntavano “solo” all’ “emancipazione” delle “inferiori”, abbiano prodotto ragazzotti che si dilettano in un linguaggio da stupro permanente? Avranno delle sorelle, questi ragazzotti? Avranno delle fidanzate? Che tipo di ragazze sono?

Tre. Perché, al di là delle proteste di questa o quest’altra persona e/o associazione, non si è ancora mai prodotta un’azione di forza vera, evitando l’acquisto di prodotti reclamizzati da donne e ragazzine discinte, in atteggiamenti che invitano a pensieri postribolari?

Quattro. Le donne di indubbia intelligenza che continuano a “promuoversi” in piazze pubbliche come fb, postando immagini che vogliono essere “provocatorie” fanno una deliberata “scelta di libertà” (il corpo è mio e lo gestisco come voglio) o continuano, inconsapevolmente o meno, a sottoporre la valutazione di sé allo sguardo maschile (di un certo genere di maschi, beninteso)?

Cinque. C’è stato, a Reggio, il caso della ragazzina, su cui ha scritto un bellissimo pezzo Antonio Calabrò. Ma chi ha figli piccoli, figli ragazzi (figlie piccole, figlie ragazzine) non ha voglia di farsi sentire contro tutta la spazzatura delle idee, delle parole in cui i loro bambini – così tanto curati nel cibo, nei vestiti, ecc. ecc. – stanno crescendo?

Insomma: la democrazia – bene enorme; mai bisogna dimenticare che non siamo riusciti a produrre niente di meglio nei trenta e passa secoli che abbiamo alle spalle – è condannata alla volgarità? E il web - dove, potenzialmente, tutti possono raggiungere tutti - deve essere acritica cassa di risonanza delle rane e dei rospi vomitati dalle cattive delle favole antiche?