Lettera a Lilli Gruber sulla Calabria

Lettera a Lilli Gruber sulla Calabria
gruber Gentilissima dottoressa Gruber,

  ho avuto modo di vedere l’altra sera la sua seguitissima trasmissione con in studio il procuratore Nicola Gratteri dedicata al gravissimo episodio di Ostia ma non le nascondo che il titolo ‘’Ostia come la Calabria?’’ mi ha fatto davvero male.

  Le spiego subito: la ‘ndrangheta è organizzazione assai potente, da molti decenni, con diramazioni ormai in tutto il mondo. Cerchiamo di combatterla tutti i giorni, con l’unica ricetta che c’è a disposizione e cioè la buona politica e la buona amministrazione, corretta, trasparente, onesta.

   Il punto non è però questo.

  Il vero punto è che l’immagine della mia regione è ormai storpiata e fatta tutt’uno con quello della ‘ndrangheta e dei criminali. Mi creda, non è così, e non glielo dico per amor di patria. C’è la ‘ndrangheta, il suo peso opprimente, il suo ruolo fin dentro settori della pubblica amministrazione e delle stesse istituzioni ma poi c’è anche tanta Calabria che soprattutto in questi anni sta cercando di riscattare quell’immagine negativa con fatti concreti, con azioni, con comportamenti, con iniziative.

  Il punto è il racconto, la narrazione della Calabria che io sostengo dovrebbe essere fatto con maggiore equilibrio: senza sottacere nulla ma senza nemmeno enfatizzare nulla e dando spazio al positivo, piccolo o grande che sia, al nuovo che va facendosi strada con fatica ma anche con più dinamismo rispetto al passato.

  L’ altra sera nel suo studio il procuratore Gratteri ha detto una cosa che io condivido: ‘’ci sono tante Ostia in Italia – ha detto - Non è un fatto isolato e da quello che ho visto è una città abbandonata, dove c’è una cultura mafiosa diffusa. Un problema grave che rimane anche se ne arrestano 100. In Italia si parla come un disco rotto solo del Sud del Paese, ma nel mondo occidentale c’è un decadimento morale ed etico che porta a farsi corrompere facilmente, ad accettare quella cultura’’.

  Questo non significa che noi qui in Calabria si debba sottovalutare il problema o metterlo nel calderone generale del tutto va male: no, affatto, anzi richiede più lucidità e vigore nel contrasto alla criminalità ma anche ai tanti e ormai insopportabili luoghi comuni con cui si descrive la Calabria.

  Tutta l’altra Calabria che non è ndrangheta, infatti, chi la racconta? Tutta l’altra Calabria che ogni giorno si batte e si sbatte per un nuovo turismo, una nuova cultura, un nuovo modo di far funzionare la cosa pubblica, etc etc che fine fa?

  Vorrei chiedere a lei, alla sua rete, a tutto il mondo dell’informazione italiano un’attenzione giusta su queste cose. Frasi fatte e luoghi comuni non rendono giustizia a nessuno, ne’ ad una corretta informazione, ne’ alla Calabria degli onesti ma – io credo - nemmeno alla lotta alle mafie nel nostro paese e nel mondo intero.

  La ringrazio dell’attenzione