REGGIO. Lamberti chiude? E la città si rivolta

REGGIO. Lamberti chiude? E la città si rivolta

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Il piazzale ad angolo dove trovano posto le auto soltanto di una quota minuscola dei clienti quotidiani dell'"Istituto clinico De Blasi Lamberti Castronuovo"  è stato interamente liberato. Così è diventato un consistente spazio che, a partire da prima delle 10 di questo 22 dicembre anti-anti vigilia natalizia, ha iniziato a riempirsi. Alla fine le persone non entravano più mentre tutt’intorno il traffico è spesso andato in tilt. E’ in questo modo che s’è avviata la protesta che Eduardo Lamberti Castronuovo aveva annunciato con modalità tali da lasciare immaginare anche il tentativo e la voglia di scoprire se vi fosse un gesto di solidarietà e amicizia da parte della città.

E bisogna dire che il gioco era facile. Tra questi due palazzi che si fronteggiano nel lato nord di Reggio, non lontano dalla grande discesa del percorso della Patrona della città, ogni mattina da alcuni decenni – era l’anno 1979 - arrivano centinaia di persone cariche di dolore, paura e speranza per chiedere, verificare e capire qual è la condizione della loro salute o quella dei loro cari. Spesso per scoprire il futuro, almeno quello immediato, della loro vita o delle persone a cui vogliono bene.

I conti sono facili a farsi: un quarantennio con una media di almeno 600 persone al giorno significa che il laboratorio ha fronteggiato oltre sette milioni di contatti e/o richieste. Ecco il motivo profondo per cui un bel po’ di persone ha spezzato il clima festoso e familiare per dimostrare la sua solidarietà, la paura e la rabbia, per la paventata chiusura dell’ormai antica istituzione cittadina del “Laboratorio di Lamberti”. C’erano dipendenti, quasi cento, alcuni in camice bianco, con chissà quali pensieri di sgomento in testa: dove l’afferrano un altro posto di lavoro stabile e sicuro come quello che hanno? Medici, che non hanno alcun rapporto di lavoro con Lamberti ma consapevoli della posta in gioco. Professionisti e politici di tutti gli schieramenti.

Ma c’era soprattutto una parte consapevole di cittadini. Quelli che da giorni, con un tam-tam all’inizio discreto ma poi sempre più rumoroso seguono con allarme le notizie della possibile chiusura. Quelli che in questi giorni hanno tempestato di telefonate giornali e amici a caccia di notizie per avere qualche segnale che scongiuri questa prospettiva. Una mobilitazione alimentata anche da reggini che stanno da qualche altra parte e si chiedono con angoscia a chi si rivolgeranno i loro “vecchi” e i parenti rimasti in città.

Diciamolo francamente: la città soprattutto, ma anche la Calabria, sono in grado di reggere il peso di almeno altre 220mila richieste sanitarie all’anno di ogni tipo? Analisi, ma non solo dato che il “laboratorio di Lamberti” è un centro sanitario dove si fa di tutto e ad un livello a dir poco medio alto e che, per parecchi che se ne intendono, ha punte di eccellenza significativa? Sarebbe una doppietta micidiale: cento posti di lavoro “buono” che svaniscono all’improvviso in una città stremata, prima di tutto, dall’assenza di lavoro e, ancor di più, di lavoro qualificato; e l’impossibilità di avere risposte affidabili e chiare, in tempi veloci, per migliaia e migliaia di persone costrette a confrontarsi con la malattia e criticità di ogni tipo.

Questo patrimonio, secondo il defenestrato commissario Scura, andrebbe ridotto, scarnificato, diminuito. In ogni caso, drasticamente ridimensionato. E questo in una città e in una regione dove la sanità costringe a un turismo fuori Calabria che ci dissangua non soltanto con i viaggi del dolore ma anche privandoci di risorse economiche preziose. Pare che l’ex commissario Scura (è stato detto negli interventi alla manifestazione) abbia sentenziato che gli “emocromi sono inutili”. Normale in un paese dove i vaccini non servono per evitare le epidemie ma per ammazzare i bambini, dove col bicarbonato si possono curare malattie gravissime, e con qualche goccia d’olio si annulla la sordità. Ma per chi vuole arrivare precocemente a scoprire un tumore per poterlo sradicare e sconfiggere definitivamente, l’emocromo – fin quando non sarà a portata di mano qualcosa di meglio – è un salvavita a cui anche in Calabria abbiamo (avremmo) diritto.

Si dice che Reggio sia una città in crisi. In realtà è una citta che da decenni non riesce a gettarsi alle spalle crisi e difficoltà. In questo senso il destino del “laboratorio di Lamberti” è e sarà un segnale significativo e importante. Sarebbe gravissimo assestare alla città un altro durissimo colpo, un'altra rincorsa verso l’impoverimento, il degrado, la lontananza dai diritti che deve offrire una società moderna.