Il Primo Maggio è stata la Festa del Lavoro che al Sud non c’è. Statene dunque lontani, potreste rischiare una crisi isterica, se non un collasso vero e proprio. Dopo 10 mesi dalla diffusione dei drammatici dati dello Svimez sulla fuga dei giovani dal nostro Mezzogiorno non si percepisce, infatti, nemmeno lontanamente la presa di coscienza di quanto sia distruttivo quanto sta accadendo da anni, giorno dopo giorno, mese dopo mese.
Stavolta le cifre raccontano qualcosa che ognuno di noi vive e vede con i propri occhi: abito in Calabria e il giovedì prima di Pasqua tre coppie di agiati professionisti (medici, avvocati, insegnanti) miei vicini di casa si sono messi in macchina. “Andate in vacanza?”, la domandina sciocca da parte mia. ‘’No – le risposte all’unisono – andiamo a Roma (o a Torino o a Milano) a trovare i ragazzi che studiano o lavorano’. Auto stracariche, con due passeggeri a bordo.
Poi quei signori i primi di maggio sono tornati, dopo i vari ponti pasquali, Liberazione, primo maggio, etc etc. La macchina svuotata dalle conserve portate ai ragazzi e il loro volto triste e quasi lugubre. Rivedranno quei loro figli tra 3-4 mesi per 10 giorni in agosto. Forse. E sono pure privilegiati perché altri i loro ragazzi li hanno sparsi a Londra, Berlino, New York e li vedono se va bene una volta l’anno.
Il meridione – questo il dato incontestabile su cui si discute da decenni - continua a crescere meno del centro nord, i poveri aumentano così come i giovani che emigrano e le famiglie in cerca di lavoro. Era questa la secca fotografia scattata dal Rapporto Svimez 2018 sul Mezzogiorno e qui invece si parla solo di autonomia territoriale.
Nel più generale rallentamento dell’economia italiana, si è clamorosamente riaperta la forbice tra Centro-Nord e Mezzogiorno ed è in questo scenario che aumenta sempre di più la popolazione che emigra. Solo nel biennio 2016-2017 si registrano 146 mila abitanti in meno: è come se sparisse da un anno all’altro una città meridionale di medie dimensioni. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero.
Continua ad aumentare anche la povertà. Le famiglie in povertà assoluta nel Mezzogiorno nel 2016 erano 700 mila, sono divenute 845 mila nel 2017. Più di un quarto delle famiglie, coppie e monogenitori, con figli adulti, si collocano nella più bassa fascia di reddito, per giungere addirittura a circa la metà della popolazione se si parla di famiglie con figli minori.
Un rilancio dello sviluppo potrebbe arrivare dai fondi europei, ma la spesa è ferma al palo. Solo l’1% dei programmi ha trovato attuazione. Dai dati della Ragioneria sull’andamento del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo 2014-2020, si vede che, su un totale di risorse programmate che ammonta complessivamente a 32 miliardi, gli impegni non arrivano a 1,7 miliardi.
Ma non c’è solo questo dato: l’emigrazione universitaria «più che emorragia la definirei vera e propria desertificazione» ha infatti tuonato Gaetano Manfredi, rettore della Federico II a Napoli, ma anche presidente della Crui, la Conferenza dei Rettori. Se ne sta andando quella che è stata definita la «meglio gioventù» meridionale, che costa in termini di capitale umano e di Prodotto interno lordo.
Queste le cifre fornite da Manfredi: nell’anno accademico 2016-2017: 157 mila diplomati del Sud si sono iscritti negli atenei del Centro-Nord. Il dato più alto è quello lucano, il più basso campano. «È un fenomeno – ha detto il Rettore al Corriere del Mezzogiorno - che già esisteva e si è molto amplificato con la crisi economica. La forte migrazione verso il Nord la motivo essenzialmente col fatto che visto che in quelle regioni ci sono opportunità di lavoro, si trasferiscono già da studenti. Hanno così un piede direttamente nel mercato. Quando un ragazzo su tre non si iscrive nella propria regione dovrebbe scattare un allarme, dovrebbe far preoccupare tutti’’.
All’ università si iscrive soltanto il 45 per cento dei diplomati. Neanche alla metà. Al Nord 7-8 punti in più. Abbiamo il tasso di laureati più basso d’Europa oltre alla più bassa percentuale di ragazzi che non si diplomano. Se aggiungiamo che non c’è lavoro, in Italia e nel Sud la situazione peggiora c’è il più alto numero di ragazzi che non studia e non lavora di Europa.
Queste fredde statistiche ci consegnano un dato finale: il Sud se non si inverte questo trend (ma non si vede come possa accadere) perderà i migliori che andranno via. Non ci sarà classe dirigente. “Il Paese – sempre per dirla con il prof. Manfredi - commette un grave errore, perché si sta creando un nuovo divario che porta altri divari, ingovernabili. La politica dovrebbe fare investimenti pubblici e privati nel Sud che creano occupazione di qualità. E per fare questo ci vogliono politiche di incentivazione, infrastrutture, perché il territorio deve essere competitivo, servizi più efficienti, pubblica amministrazione più efficace. Lavoro chiama lavoro. La concentrazione di investimenti nel triangolo Milano-Padova-Bologna sta attraendo tutti i giovani italiani».
Benvenuti al Sud, dunque, in questo ennesimo Maggio di speranze tradite, dove invece che puntare sui giovani si punta sulla secessione dei ricchi.