Mimmo Gangemi ha un malore, ma l’autombulanza non c’è. Ora sta bene, e indignato testimonia una rivolta civile

Mimmo Gangemi ha un malore, ma l’autombulanza non c’è. Ora sta bene, e indignato testimonia una rivolta civile

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L’Ansa ha battuto la notizia alle 20,13 del 9 giugno col tutolo: “Sanità: Mimmo Gangemi, ritardo 118, costretto ambulanza privata” e ancora: “Scrittore racconta sua "disavventura" con post su facebook”.

La prima cosa che vogliamo precisare è che lo scrittore calabrese sta bene. Lo dimostra la giusta indignazione che l’ha spinto a trasformare la sua disavventura in un gesto di testimonianza e di rivolta civile. Perché Gangemi se l’autombulanza non c’è può chiamarne una privata e un medico lo trova rapidamente. Ma molti, la maggioranza, in Calabria non si trovano nella stessa condizione e se l’autombulanza non c’è finisce che non potranno mai raccontare cosa è accaduto. Mai.

Gangemi, appena ha capito che il pericolo era alle spalle, ha scritto com’è andata pubblicando la notizia sul suo profilo di Fb.

Mentre il direttore di Zoomsud gli invia i più affettuosi auguri, suoi e dei lettori del giornale, ci limitiamo a riportare il testo di Mimmo Gangemi dato che nessuno può essere tanto presuntuoso da aggiungere o modificar quel che scrive una grandissimo scrittore italiano.

La ricostruzione dello scrittore
“Ho sempre difeso la mia terra, anche quando sembrava indifendibile, e forse lo era. Mi sono rotto. Troppe ne vedo. Ora è capitata a me, dopo che due mesi fa un fatto più grave, per fortuna finito non tragicamente, ma con conseguenze serie, era toccato a un altro componente della mia famiglia.

Stamattina sono stato male, con lunga perdita di coscienza. Chi mi ha soccorso ha chiamato il 118. Lo ha chiamato ripetutamente senza ricevere risposta. Io, essendo privo di sensi, solo quando sono stato meglio ho potuto ricostruire che il silenzio senza risposta era durato tra i 30 e i 40 minuti - a distanza di 12 ore da questo post correggo parzialmente, avendo assunto informazioni che, da svenuto, ho potuto solo dedurre con approssimazione: la chiamata al 118 è stata tenuta in attesa per un tempo tra i 10 e i 15 minuti; dopo, il 118 ha risposto alla chiamata di un medico accorso nel frattempo, ma anche qui la delusione, l’ambulanza non sarebbe potuta partire o arrivare (non ho certezza su quale dei due sia stato il responso) prima di 1/2 ora, e il tragitto da dove ero fino all’ospedale è di 10/12 minuti. Si è dovuto ricorrere a un’ambulanza privata. Nel ringraziare i solleciti e coscenziosi interventi a mio sostegno per un malore che per fortuna si è poi rilevato “aggiustabile” e non grave come s’era temuto sulle prime, manifesto il mio disprezzo, con tanto di sputo, per gli operatori silenti della sanità pubblica che si pagano uno stipendio elargito da tutti noi. Non so chi siano. Intanto, lunedì mattina farò formale denuncia alla Procura e allerterò i vertici della sanità calabrese.

E aggiungerò benzina sul fuoco riguardo la denuncia anche sul caso di malasanità, già citato, che ha colpito un componente della mia famiglia. I medici che non sanno fare il proprio mestiere, causando danni irreversibili o peggio, devono essere fermati prima che ne compiano altri. Gli operatori che non rispondono al 118 devono rispondere della gravità del loro gesto.

Mi torna in mente la morte 4 anni fa di Seba, mio amico e fratello, mancato perché l’ospedale di Rossano per otto ore rifiutò, sì, rifiutò, di mandare l’ambulanza, quando poi, a sera, si decise a farlo, Seba duró vivo dieci minuti. Lo scrissi in prima pagina su Il Dubbio. E nessuno ebbe faccia di smentirmi. Ma la Procura mi risulta sia rimasta immobile. Calabria da ricostruire.

Sia chiaro: con me non la passerete liscia”.