L’INTERVENTO. Perché sono a favore dell'ergastolo ostativo

L’INTERVENTO. Perché sono a favore dell'ergastolo ostativo

ergastolo

Per più della metà della mia vita mi sono quotidianamente occupata di rieducazione. Continuerò a farlo fino a quando mi sarà possibile.

Non credo che il carcere sia una soluzione al problema “male”. Penso che, per molti reati, andrebbe evitato, utilizzando in alternativa pene non detentive, meno costrittive soggettivamente e più efficaci socialmente. Ma non ho mai pensato che l’ergastolo vada abolito. Sull’argomento sono in disaccordo con la Corte europea e anche con papa Francesco.

Quando ci fu un referendum per l’abolizione dell’ergastolo votai contro. Farei lo stesso in altra, eventuale, evenienza. Perché i principi devono fare i conti con la realtà, se no summum ius summa iniuria.

Le persone cambiano nel tempo, o, comunque, possono cambiare: è una speranza che trova espressione anche nelle convinte scelte di civiltà giuridica della nostra Costituzione. Si potrebbe, però, sensatamente parlare di abolizione dell’ergastolo solo se la nostra legislazione prevedesse pene a cinquanta, sessanta, settanta anni. Altrimenti, una condanna al nostro massimo, trent’anni, attraverso il sistema degli sconti da applicare ogni anno, rischierebbe di far uscire in libertà troppo rapidamente persone che hanno fatto enorme male alla società e, spesso, direttamente allo Stato: la loro rieducazione, inesistente nei fatti, si darebbe realizzata in saldo, per principio.

Ci sono persone, con sulle spalle crimini atroci, che la rieducazione - da ricercare e provare ad attuare in tutte le situazioni - la respingono con tale sprezzante forza che la stessa non sta, realisticamente, nell’ordine delle probabilità, ma in quelle del miracolo. Avvenisse in maniera tale da meritare uno sconto di pena, potrebbe soccorrere la grazia concessa dal Presidente della Repubblica.