LA PAROLA e LA STORIA. Maccarruni/2

LA PAROLA e LA STORIA. Maccarruni/2
  maccheroni 1                                       
Ad Emio Sereni, in memoriam, che tanto insegnò a quelli della mia generazione 


maccarrunisono dunque una specialità gastronomica della Calabria meridionale che nel cosentino e nel catanzarese,dall’essenziale attività di ‘cavare’ il filo per far assumere la forma di pasta col buco,,  prendono il nome di cavatielli,.

La parola maccherone è invece in italiano sinonimo di pasta lavorata, ‘ammassata’, nelle sue numerose fogge oggi riassuntedai tipi di pasta (soprattutto lunga e ‘bucata’, vermicelli, maccheroncini, perciatelli,etc, etc.)che noi oggi troviamo comodamente sugli scaffali del supermercato. 

Prima ancora, e fino alla metà del Seicento, la parola indicava anche ciertesapuritemaccarune / sementate da zuccaro e cannella / cose da far sperire le persone … ghianchecommm’a latte de cardillo(Sgruttendio citato da E. Sereni, Terra nuova e buoi rossi, Torino 1981, p. 323): dolci dunque, apersi (sementate) di zucchero e cannellae bianchi come il ‘latte del cardillo’ che in calabrese si dice genericamente u latti di l’acieddhi ed indica, evidentemente, un mangiare mitico, introvabile e pur cercato per amore parentale o erotico.

La parola, con il significato di ‘amaretto di pasta dolce’, appartiene all’inglese (macrowattestato dal 1390 in poi) e al lessico del Rabelais ‘nella forma macarons… che a tutt’oggi conserva questo significato … si contrappone a quello di maccaronì, che è un più tardo imprestito dell’italiano’ (Sereni, ibidem).    

Nello stesso periodo di Rabelais, Teofilo Folengosi inventò il linguaggio ‘maccheronico’, fatto di latino volgarizzato e di italiano, con riflessi anche nel costume; nel Baldus egliprotestava contro la cultura cortigiana  e invertiva la ‘dignità letteraria’ sognando, al posto dell’ispirazione delle muse tradizionali (Melpomene … menchionaTalia), di essere imboccato soltanto da Muse appanciate (Pancificaecon gnocchi ruzzolati nel formaggioqui per formaiumrigolantinfrottatridatum) e con numerosi (da cinque a otto per la precisione) secchi di polentaPancificaetantum Musae,…, / imboccare suumveniantmacaronepoetam/dentque polenta rum velquinqueveloctocadinos!

E siamo arrivati così ai tagghiarini che richiedono, rispetto all’elaboratezza demaccarruni e al sugo di carne da essi preteso, tempi di preparazione più spediti e cottura con i legumi (cìciri e tagghiarinifascioli e tagghiarini)  che tradizionalmente costituivano un alimento ad alta base proteica che nelle famiglie povere era sostitutivo della carne.

Tipica dei tagghiarini era la loro forma approssimativa e grossolana, dovuta all’uso quasi quotidiano e ad esigenze di tempo della famiglia contadinacalabro-aspromontana cuia differenza delle tagliatelle industriali o artigianali di altre cucine regionali, più che la perfezione formale importava la sostanza.

La stessa approssimazione e bontà abbiamo trovato nella tria (pasta di casa irregolare che in Salento e Sicilia si associa soprattutto ai cecicìciri e tria), sinonimo anche di maccheroni e quindi di pasta lunga, che nei dizionari partenopei viene definita triillo,con riguardo all’uso delle nostre massaie che prendono tra  pollice, indice  e medio della mano (tresdigitilli) un piccolo pezzo di pasta e lo strofinano sulla forchetta o contro la grattugia per fare gli gnocchi.

La storia è però sempre più complessa di certe etimologie superficiali e facilmente assonanti: e probabile che la parola greca “ìtria, sia dapprima passata, con l’antico valore di focaccia,come imprestito linguistico nell’aramaico, nel siriaco, nell’arabo, e forse in altre lingue del bacino mediterraneo orientale; ed è probabile che proprio in questo ambiente(…) la voce sia passata, attorno al secolo IX della nostra era, a designare un manufatto di pasta filiforme, di nuova invenzione e diffusione; probabilmente a partire dalla Persia … Non è escluso, …, che in Sicilia (e in minor misura nel nostro Mezzogiorno) … la voce araba itriya – importata per la triplice via dell’invasione, dei traffici commercialie della letteratura medico-gastronomica – può aver trovato qui ancora viva l’antica voce bizantina ìtria a, sia pure con un valore alquanto diverso, che può essersi facilmente adattato a quello nuovo, rispondente alla novità introdotta dal manufatto diffuso nel mondo arabo” (E. Sereni, op. cit., pp. 330-331).

Insomma una parla ‘marcopolo’ che girovagando sulle sponde del Mediterraneo, come tante altre in uso anche in Calabria, ha avuto mutazioni di significato (in questo caso da focaccia a vermicelli) che non sono così difficili da spiegare ‘se è vero (…) che,  a tutt’oggi, in alcune parlate arabe, come in quella del dipartimento di Orano in Algeria, una voce ìtriaè usata a designare il pane di casa ’ (ibidem).