
È un proverbio circolare che si ritrova in molti dialetti italiani e che, contrapponendo l’animale più diffamato per l’ignoranza e il massimo del sapere umano implicito nell’avvocatura, dichiara di preferire una sana ignoranza rispetto a un sapere raggiunto mediante sforzi che potrebbero costare la vita.
Il concetto si ritrova in un proverbio inglese che mette al paragone il ‘cane vivo’ e il ‘leone morto’: a live dog is better than a dead lion.
Sceccu vinni / sceccu si ndi ju sta a censurare color che vanno per fare o apprendere qualcosa e se ne ritornano senza aver fatto o appreso alcunché.
Mi ti ccatta sceccu / cu non ti sapi, che ti compri asino chi non ti conosce, ci racconta di un compratore ingannato che fa attenzione a non farsi fregare di nuovo.
Ttacca lu sceccu undi voli lu patruni / puru mi si lu mangianu li cani, ‘lega l’asino dove vuole il padrone’ è un tema classico della letteratura proverbiale che invita a ubbidire sempre a chi sta in alto nella scala sociali, u patruni, anche se è noto a tutti che l’intelligenza non sempre è di casa nelle classi elevate; anzi è proprio da lì che provengono le cose più deteriori (u pisci feti d’a testa).
In Calabria il proverbio si arricchisce di un ‘rema’ (la parte del proverbio che riguarda l’esperienza da cui è ricavata la legge generale della prima parte) da cui si evince con certezza che ubbidire al padrone porterà sicuramente alla morte dell’incolpevole asino.
Cu nci lava la testa ‘o sceccu / perdi acqua e liscìa, il proverbio napoletano aggiunge o tiempo alle cose che si perdono a voler fare lo shampoo all’asino.
Sceccu ncajatu / tutti li muschi lu ponnu usa l’asino piagato come metafora del ‘soggetto debole’ su cui si accaniscono anche le mosche, il massimo dell’insignificanza.
Cu sceccu nasci / sceccu mori ci parla dell’inutilità pedagogica di fronte a chi è poco dotato alla nascita.
Infine alcuni proverbi sul mulo che, come è noto, nasce dall’incrocio tra un asina e un cavallo o tra una cavalla e un asino; i proverbi, che registrano diffidenza e condanna per le cose inconsuete come appunto gli incroci tra razze diverse, si soffermano sulla pericolosità di questa pratica: i muli o muzzicannu o tiranu puntati i muli o mordono a tirano calci, cu si menti arret’o mulu / puntati cogghi.
Mula in calabrese è l’ernia e mulu è sinonimo di figlio illegittimo: in entrambe le definizioni si associa ciò che riguarda il mulo viene associato alla malattia o alla diversità.
Chiudiamo con un proverbio strutturato a quartina: Undi nc’esti sciroccu e tramontana / mancu l’acdqua d’i bùmbuli esti bona / undi su muli, jemiddhi e figghi di puttana / non ndi fannu mai una bona. I primi due versi informano che i luoghi battuti da scirocco e tramontana sono poco salubri; nei due versi finali si associano nel giudizio negativo i figli illegittimi, i gemelli o i figli di buttana che non fanno mai azioni buone.