Il senso del paradosso, l’ironia, il gusto per il grottesco e/o l’assurdo, le venature brillanti che rendono così divertenti e mordaci molti dei suoi post fb, avidamente letti dai tanti suoi fan, si colorano, qui, di toni appassionati e drammatici e acquisiscono un’ampia gamma di retrogusti.
La prosa/poesia si concentra in frasi brevi, talvolta distici e, comunque, a misura di post. Con queste schegge, frammentate e puntute, Isidoro Malvarosa racconta la storia-base del mondo, l’amore di un uomo per una donna, ai tempi nostri, in un post-moderno che non sa più bene che cosa siano i sentimenti, che li guarda con una certa diffidenza, temendo di perdere, a causa loro, una libertà il cui sinonimo sembrerebbe essere una fluidità controllata: «I rapporti umani andrebbero regolati da un contratto. /Affitto in nero senza caparra,/ giusto un giorno di preavviso per levare le tende. Non mi va di essere amico di qualcuno perché lo sono stato,/ di amare qualcuno perché l’ho amato./Nessuna coercizione,/nessuna limitazione alla libertà di parola.»
Sincero («C’è che sono favorevole al sesso prima del matrimonio, /a quello dopo./ A quello durante.»), accattivante («Sono un romantico noir.»), autoironico («Ogni volta, dopo ogni cena, sentivo le farfalle nello stomaco, crampi addominali che spesso ricollegavo alle susseguenti attività sessuali. Nella realtà dei fatti, dei processi chimico-metabolici, era il mio duodeno a lanciare disperati messaggi di allarme.»), mutevole («Io, ragazzo solubile che nell’acqua lentamente si scioglieva.»), il protagonista di Contratti di affetto si scontra con l’amore «un sentimento capriccioso,/per gestirlo spesso serve più di una persona.»
Deve fare i conti con la presenza e con l’assenza di lei, la settima ragazza amata nel corso dell’anno, e col fatto che lei, proprio con la sua presenza e/o la sua assenza, ne determina l’identità di fondo, ovvero la sua scrittura: «C’è uno scrittore nuovo stanotte in città,/nuovo nello stile, nuovo nelle forme, nuovo del mestiere./È nella fase in cui non gestisce bene le emozioni,/mescola i piani, capovolge i tempi, confonde l’esposizione./Usa spesso la prima persona, inverte l’essere e l’avere.»
La storia tra i due non manca di intensità: «Tu e io,/due camionisti incontratisi per caso/ in una piazzola della Salerno-Reggio Calabria,/abbiamo attraversato insieme la notte./Supportandoci, controllandoci a vista, facendoci compagnia./Per convenienza, solidarietà, opportunità, necessità, generosità, amore universale./Io responsabile della tua vita e tu della mia.»
Non c’è un lieto fine, la post modernità non lo contempla (e, in vero, neppure la poesia più alta). La separazione non passa dal tradimento, da un nuovo amore, bensì da una comunicazione sempre più stanca, da un dirsi parziale: «Scongiurare ogni rischio di comunicazione,/ questo siamo diventati./Io che preparo la moka la sera per la mattina,/tolgo le scarpe sull’uscio, penso a lavare i piatti,/ non resto più ore intere con le spalle rivolte al letto./Io che taglio l’anguria e la porto a tavola./Dove sono finito?/Io, che avrei voluto conservare l’entusiasmo del principio./Proprio io che, prima di conoscere te, avevo tutto contato:/dentifricio, latte di legumi e bustine di camomilla./Succo di pera e tabacco./Io che mi alzavo dal letto soltanto per scrivere./ (…)/Rimanere tutto questo tempo con te/è stato come tenere in mano un pallone e non farlo rimbalzare./Un Super Santos sotto il braccio e una prateria davanti./Mentre tu dalla veranda urlavi, mi intimavi di non correre./Di evitare di sporcarmi./La verità, Vostro Onore, è che condividevo sempre meno./Tenevo sempre più cose per me. »
La conclusione torna al senso vitale che attraversa tutto il testo. Il protagonista saluta la lei che va via con un moto di autoaffermazione: « (…) per una volta,/rifiutando un vuoto amplesso/ sono sicuro di aver vinto.»
Isidoro Malvarosa, Contratti di affetto, Barometz, euro 13, 50