LA RECENSIONE. La Calabria dei Ritratti in piedi di Giuseppe Tripodi

LA RECENSIONE. La Calabria dei Ritratti in piedi di Giuseppe Tripodi
ritratti Giuseppe Tripodi, assiduo e seguito collaboratore di Zoomsud, raccoglie il testimone di alcuni tra i più influenti intellettuali espressi dalla Calabria (Profazio, Strati e Villari) e li celebra in un libro che – in un paese degno di questo nome – dovrebbe entrare di diritto tra quelli di testo nelle scuole. 

In una regione che, per anni, ha sperperato denaro pubblico per celebrare il dominio ndranghestico, sarebbe solo salutare la lettura dei saggi di Tripodi. Ivi incluso l’ultimo del libro in cui l'Autore squaderna, con tratti di sapiente ironia, la propria genealogia familiare, così simile a quella di tanti calabresi sparsi in Italia e nel mondo.

Ai ragazzi di Calabria, e non solo, farebbe un gran bene conoscere della profonda cultura musicale di Otello Profazio, dei suoi intensi legami con la poesia siciliana di Buttitta e con la tradizione popolare delle ballate. Scoprirebbero che la ricerca meticolosa delle parole, la precisione filologica, l’armonia delle cadenze sono il frutto di un’estenuante lotta per dare dignità e capacità espressiva ad un dialetto troppo volte bistrattato, troppo volte divulgato solo per colorare raccapriccianti storie di mafia o infantili giuramenti di affiliazione cantilenati da gruppuscoli di esaltati.

La dignità linguistica che Profazio conferisce agli idiomi ed al lessico dei calabresi è il fulcro stesso per la riappropriazione di un patrimonio culturale ed identitario ormai svenduto da alcuni sul mercato dei media e della retorica. In questo senso Otello Profazio appare nel libro di Tripodi come il più autentico dei custodi di un plesso di valori dimenticati e scartati (nella simbologia comunicativa di papa Francesco) dalla modernità vorace dei media. L’ammirazione che Tripodi riversa su Profazio - che è stato presente alle Scuderie estensi alla presentazione del libro Ritratti in piedi nel Novecento calabrese e cantore ancora commovente e rigoroso di una Calabria solo celata, ma non vinta – è pari a quella che palesa negli altri due saggi verso Saverio Strati (l’autore del famoso Selvaggio di Santa Venere) e per uno dei più grandi storici italiani (da poco scomparso), Rosario Villari.

Un trittico di ritratti, come recita il titolo, che consegna sentimenti e riflessioni mai banali e, innanzitutto, accende l’orgoglio dell'appartenere ad un cultura e ad un popolo. L’affollarsi in libreria di pubblicazioni che riducono la calabresità a mafiosità e la presa che queste posizioni hanno sulla pubblica opinione (tanto da costringere una parte della politica a lauti sostegni economici e pubbliche abiure) potrebbe dare l’impressione che Tripodi abbia compiuto un’operazione nostalgica, quasi retrò, che abbia voluto approntare un rifugio altero e sdegnato dal quale volgere lo sguardo sul presente come dall’alto di un’esperienza politica e culturale per molti versi emblematica.

Ma il libro è tutt’altro. E’ un atto di generosità verso una terra che l’Autore ha amato ed ama in modo viscerale, di cui scorge la grandezza e biasima gli errori.  Le pagine dedicate a Profazio, Strati e Villari muovono sempre da un’esperienza diretta, da contatti rilevanti e da conoscenze di prima mano. C’è da chiedersi perché questi affreschi di vita e di varie altre cose siano dei “ritratti in piedi”. In questo porsi dell'artista in posizione eretta c’è certo il rispetto e la gratitudine verso gli intellettuali oggetto del dipinto, ma c’è anche la forza e la dignità di chi, stando in piedi, non piega la schiena al pensiero dominante che vuole una Calabria perduta e irrimediabile. Un mondo supino che a tanti giova e da cui tanti traggono vantaggi.