Il pifferaio e la folla danzante di Reggio: tremate, tremate le speranze son tornate

Il pifferaio e la folla danzante di Reggio: tremate, tremate le speranze son tornate

MMM     di IDA NUCERA - Nella drammatica fiaba dei Grimm, un pifferaio strega col suono del suo strumento l’intera generazione di bambini di un villaggio, che lo seguono verso un finale, che solo alcune versioni addolciscono. E’ la vendetta di un personaggio a cui sono stati attribuiti più volti d’ombra, che lascia madri in lacrime e padri a mani vuote. Poco importa sapere il vero finale, perché se non l’abbiamo capito, il senso delle favole è lì a chiedere a noi che le ascoltiamo, quale conclusione scrivere nell’ultima pagina. Quella che ci riguarda da vicino.

 

Una sera di autunno da sogno, una moltitudine di gente in festa che si riunisce nella piazza del potere, davanti al Palazzo spento e vuoto. Si tratta di una fiaba? Non occorreva che s’illuminasse nessun palazzo, c’era la luna a farlo, ad illuminare la gioia piena dei volti, e nessuno voleva che luci d’apparenza inquinassero la festa di gente, che una volta nella vita, si riconosceva popolo. Un fiume danzante che riaccompagnava la musica verso casa, dove una mano sinistra aveva cercato di bruciarla. Mai una reazione così s’era vista in quella città addormentata.

 

Il pifferaio di Hamelin cerca di bruciare il futuro della comunità, portandosi via i bambini, per vendicarsi per non essere stato retribuito a dovere. Incarna la discordia e le divisioni, il potere degenerato delle connivenze politico- ‘ndranghetistiche. Quella città e molte altre sono infestate e devastate da topi. Il pifferaio è bravo nell’arte di incantare e promettere.

 

Ma la musica, quella vera, fatta dalla gente non l’ha messa in conto. Un popolo non ha più prospettive quando dimentica che può pensare, che ha tradizioni, una storia, la propria cultura. Chi lo diceva che da un rogo poteva rinascere la gioia di una comunità che si riprende le strade! Il pifferaio aveva convinto la gente che il sabato era fatto per andare al centro commerciale e i giovani ad alienarsi senza scampo. Possiamo dire, che per una volta, la prima volta, dopo non si sa quanto, Reggio affronta con la schiena dritta quello che doveva essere l’ennesima umiliazione. Perché c’erano così tanti giovani? Ma anche tutti gli altri: uomini, donne, anziani, bambini? Quando i tempi bui di degrado e prepotenza affossano la cultura, la musica è la sola maniera più immediata di fare cultura.

 

Perché non ricominciare da questo?

 

Reggio, città che suona, che si riprende la vita, si riversa per le strade in un’immensa processione laica, un’esplosione del cuore espressa con i ritmi più disparati, dai tamburi ai bongo di una sarordinaria guerra non violenta, dalle chitarre del sogno di una primavera mai dimenticata, quella che in stagioni diverse, tutti abbiamo vissuto. Non si può impunemente bruciare un museo, né una chiesa, neanche un centro sociale e molto altro, senza pensare che la musica, che rappresenta l’ancestrale potenza del cuore,  non avrebbe smesso mai di battere, né di lottare. E parafrasando lo slogan d’un tempo, scriviamo: “Tremate, tremate, le speranze sono tornate!”.

*foto postata da Kajzar Pellicano Paula Antonio