PALMI. Chiude Arlacchi la libreria dei volumi introvabili. Dopo 95 anni

PALMI. Chiude Arlacchi la libreria dei volumi introvabili. Dopo 95 anni

Libreria Arlacchi      di ALDO VARANO - Se lo avessi saputo non avrei messo piede a Palmi il 19 dicembre. L’occasione era succulenta. Un blitz rapidissimo, di quelli che si nascondono anche agli amici più cari del luogo, per poter finalmente fare visita, sognata da anni, a una delle più vecchie istituzioni culturali del reggino e della Calabria, la libreria Arlacchi dove i ragazzi della mia generazione andavano a caccia di volumi introvabili e preziosi sulla Calabria. Libri di narrativa e di saggistica, di poesie e di curiosità.

Per raggiungere la libreria, tanti anni fa, bastava risalire il Corso Garibaldi, il salotto buono di Palmi, percorrendo all’inverso il percorso della Varia. Spalle al mare, dalla grande piazza Primo Maggio in pochi minuti si arrivava alla vetrina.

Prima delusione. La libreria della cittadina di Repaci e Gangemi non c’è più. Mogio mogio tornando indietro dal marciapiede opposto all’improvviso, a destra, c’è un negozietto di libri calabresi. Eccola lì, l’antica libreria con tutti i gioiellini delle minuscole case editrici calabresi: c’è ancora.

Una signora molto garbata e mite, parla sull’uscio con un’altra donna. Alle domande reagisce: “Ma lei parla di tantissimi anni fa! E’ una vita che siamo qui”. Fa una piccola pausa e poi la pugnalata: “Ha fatto appena in tempo: stiamo per chiudere”.

“Alle undici e mezza del mattino?”, è la difesa.

“No, no. Che ha capito? Definitivamente. Il 24 dicembre. Altri cinque giorni di vita e chiudiamo per sempre. Ma libri ce ne sono ancora, tanti. Entri, entri”.

Trovo un volumetto prezioso e sparito da anni di Mario Lacava con una raccolta di articoli scritti tra il 1945 e il 1949. Il titolo pare deciso questa mattina: “La Calabria dei misteri”. Un cammeo dietro l’altro dello scrittore di Bovalino che ancora oggi, oltre mezzo secolo dopo, ci aiuta a capire chi siamo. C’è anche una bella edizione di Emigranti, di Francesco Perri, con una postfazione in cui l’antropologo Domenico Scafoglio lo difende dalla stroncatura di Gramsci. Entrambi editi da Qualecultura. E c’è, veramente introvabile, il volume di Fabrizio D’Agostini, il primo sui fatti di Reggio, marcato Feltrinelli.

La chiusura di una libreria provoca sempre disagio. Si avverte mentre si fruga tra i titoli alla ricerca di altri pezzi che non si trovano più. “Quelli sulla Calabria li cedo col trenta per cento di sconto (quasi tutti sono segnati in lire, ndr). Ho la calcolatrice e in un attimo si trova il prezzo in euro”.

Chiedo alla signora chi è, perché chiude, che fine farà tutto quel ben di dio. Parla quasi sottovoce, come violasse il suo abituale pudore, quando mi dice che lei è Concetta Basile, la vedova dell’ultimo degli Arlacchi che s’è occupato della libreria di famiglia. “Sì, siamo parenti di Pino, lo scrittore deputato”. Perché chiude non lo dice neanche, come fosse scontato che le librerie chiudono perché questo è il loro destino. Aggiunge: “Sa quanti anni di vita ha questa libreria? 95 anni d’esistenza: novantacinque. In certi periodi siamo stati il numero due della provincia, solo un libraio di Reggio era più grosso di noi”. Se si fa avanti qualcuno che vuole rilevarla…”, continua piuttosto scettica. “Mi dispiace chiudere”.

Anche a noi dispiace, signora Concetta. Dovrebbe ferire tutti il rumore della saracinesca di una libreria che s’abbassa per l’ultima volta.