Due. Tenendo fermi i dati Istat e aggiungendo che le donne leggono sicuramente più degli uomini, sarebbe interessante conoscere anche tematiche e qualità dei libri letti, perché, spesso, quando si legge un solo libro l’anno, si tratta di un ricettario o delle esperienze di qualche personaggio televisivo del momento.
Tre. Leggere non è naturale. È un portato culturale e se, non ci si abitua ad esercitarla, questa competenza appresa negli anni di scuola è destinata ad atrofizzarsi: per cui non si legge proprio, oppure, se si legge, non si capisce granché (analfabetismo funzionale: i cui dati, nel nostro paese, sono allarmanti). Un po’ come succede agli studenti del classico, magari bravissimi in greco, che dopo venti o trenta anni, non saprebbero tradurre neppure la frase più semplice.
Quattro. Perché la lettura non viene esercitata? Perché sembra non necessaria: l’informazione passa attraverso la tv e, parzialmente, attraverso internet e non si ritiene di avere il tempo e la testa necessari per approfondire. Né la lettura sembra godere di quell’approvazione sociale che fa accettare o addirittura desiderare di cimentarsi su altre strade.
Cinque. Bisogna aver sperimentato come la lettura apra la mente, allarghi gli orizzonti, sia capace di rilassare e stimolare, di colmare vuoti e di favorire la comprensione degli altri e di se stessi, ovvero che sia premio a se stessa, perché diventi un’abitudine cui non si intende rinunciare. Le donne – in generale, più attente ad ascoltare i loro bisogni interiori e più disponibili all’autoriflessione – sono lettrici di romanzi molto più degli uomini (per dirla tutta, senza le lettrici molti romanzi di successo non avrebbero avuto…lettori).
Sei. Al Sud si legge meno che al Nord perché il Sud, in corrispondenza di una situazione socio-economica più debole (meno lavoro, maggiori tassi di analfabetismo, meno sviluppo complessivo), ha una rete culturale più debole. Quante persone, in Calabria, possono, volendo, frequentare un teatro, concerti di musica classica, mostre d’arte? Quante hanno a disposizione, in uno spazio che non preveda un viaggio, una libreria e, ancor di più, una libreria ben fornita?
Sette. Forse, gli italiani leggerebbero di più se i libri entrassero massicciamente nelle trasmissioni tv, non nei programmi specifici, che raggiungono la nicchia di quelli che già leggono, ma nelle ore e ore di fiction, nei talk show più seguiti. Se si esclude la scuola (che fa un gran lavoro di diffusione della lettura per i suoi allievi), la televisione resta la maggiore agenzia culturale del paese e mantiene una grande capacità d’influenza nell’orientare i gusti degli italiani. (Quanti hanno conosciuto, dalle fiction tv, i Bastardi di Pizzofalcone e il commissario Schiavone?)
Otto. Le istituzioni possono favorire lo sviluppo della lettura con progetti organici che diano respiro alle case editrici, alle librerie, alle associazioni che si occupano della diffusione dei testi. Ma ci sarebbe molto da fare dal basso: dalle parrocchie alle associazioni, sono molti i luoghi che potrebbero promuovere dibattiti e confronti a partire da un libro (non parlo di presentazioni, che, di solito, coinvolgono solo gli adepti).
Nove. Con un mio amico, stiamo da tempo pensando a degli Incontri librari da proporre ai nostri compaesani pellaroti subito dopo ferragosto. Sarà un tentativo, in puro spirito volontaristico. A suo tempo, vi racconterò com’è andata.