Lo sviluppo del Sud e la favola dei Fondi europei

Lo sviluppo del Sud e la favola dei Fondi europei
feur C’ e’ stata la Festa dei lavoratori - ma assai meno del lavoro – ma conviene partire da quel che dice l’Istat nel suo ultimo rapporto di pochi giorni fa: dai principali fenomeni economici, sociali e ambientali emerge "un Paese in netto miglioramento in molti ambiti" ma restano dei "punti di debolezza", con l'Italia "non sempre in linea con la media dei paesi dell'Ue e distante dai principali partner, soprattutto con riferimento al Mezzogiorno".

Così l'Istat in 'Noi Italia'. Sul fronte occupazione il Sud si colloca all'"ultima posizione nella graduatoria dell'Ue", nel confronto tra macro-aree italiane e Paesi Ue. Ma ci sono anche le "eccellenze agroalimentari" e "il buon andamento" degli aspetti legati alla salute. L'Italia – sempre secondo l'Istat - presenta "un'aspettativa di vita fra le più alte in ambito europeo, occupa il secondo posto per gli uomini e il quarto per le donne: la speranza di vita (indicatore sintetico della qualità delle condizioni di vita) nasconde tuttavia l'esistenza di disuguaglianze a livello territoriale, riassumibili in uno svantaggio del Mezzogiorno di circa un anno rispetto al resto del Paese, che diventano circa tre considerando gli estremi della provincia autonoma di Trento (valore più alto) e la Campania (valore più basso)".

Tra il 2015 e il 2016 la quota delle famiglie che vanno avanti sotto la soglia della povertà è rimasta "sostanzialmente stabile", confermando inoltre "il forte svantaggio del Mezzogiorno". Se però si guarda all'intensità del fenomeno, ovvero a 'quanto poveri sono i poveri', allora si riscontra un aumento: dal 18,7% del 2015 al 20,7% del 2016. E, cosa che può apparire come una sorpresa, l'intensità della povertà assoluta è più accentuata al Centro Nord (dal 18,0% al 20,8%) che nel Mezzogiorno (dal 19,9% al 20,5%).

In questo quadro occorre ragionare su una delle favole che più circola in questi anni e che cioè il Sud cambia con i fondi strutturali europei e, dunque, il fattore colpevolizzante più in voga è quello secondo cui ‘’…non è vero che le risorse sono scarse ma non riusciamo a spendere questi benedetti fondi europei’’… etc etc.

Questa è una delle più grosse castronerie che si sono lette e dette in questi anni: i fondi strutturali da soli non porteranno il Sud fuori da quelle difficoltà strutturali che il rapporto Istat ha per ultimo fotografato.

Ha scritto bene Isaia Sales: ‘’…lo sviluppo del sud non può essere neanche lontanamente delegato alle politiche di coesione dell’Europa. E’ lo Stato italiano che deve affrontare la questione meridionale, la questione dei divari tra i suoi territori, non l’Unione Europea’’.

Il docente napoletano cita a tal proposito il caso della Germania: nel 1991 il sud Italia stava meglio delle regioni dell’est germanico. Oggi il loro PIL è al 70% dell’Ovest mentre il PIL del Sud Italia è al 50% del Nord Italia. In Germania per le zone arretrate si è speso 4 volte in più dal 1991 al 2015 di quanto si e’ speso nel Sud Italia dal dopoguerra ad oggi. Queste sono le cifre ed i fatti, ai quali deve essere aggiunto che le risorse europee tutto sommato sono state spese anche nelle regioni meridionali e dunque il problema sta forse proprio nell’efficacia dei programmi europei per le aree arretrate.

In conclusione: se il Primo Maggio nostro ogni volta è la solita litania sulla mancanza di lavoro, sui ritardi nelle spesa dei fondi di Bruxelles etc etc sarebbe il caso che si rifletta meglio sui ritardi abissali nelle politiche nazionali per e a favore del Mezzogiorno d’Italia. E soprattutto si agisca, perché poi gli elettori non dimenticano, come il 4 marzo ha mostrato.