LO STUDIO. I porti e il Mezzogiorno

LO STUDIO. I porti e il Mezzogiorno

TRE INTERVENTI CHE NON POSSONO MANCARE NEL PNRR
I GRANDI PORTI INTERCONTINENTALI
I GRANDI PORTI INTERCONTINENTALI

1) Fattori di sviluppo per un porto di terza generazione: il nodo core di Gioia Tauro - Cartisano A., Chilà G., Fortugno G., Musolino G., Panuccio P., Rindone C., Russo F., Trecozzi M., Vitetta A. - Università Mediterranea di Reggio Calabria

2) Il ruolo dell’ICT nei porti: un PCS tra Gioia Tauro ed Augusta - Francesco Russo, Giuseppe Musolino - Università Mediterranea di Reggio Calabria

3) Le sinergie tra porti per lo sviluppo sostenibile del territorio siciliano
Matteo Ignaccolo, Giuseppe Inturri, Michela Le Pira, Vincenza Torrisi, Giovanni Calabrò, Martina Fazio - Università di Catania

4) La centralità del trasporto marittimo delle merci per lo sviluppo del Mezzogiorno - Giuseppe Salvo Università degli Studi di Palermo

FATTORI DI SVILUPPO PER UN PORTO DI TERZA GENERAZIONE: IL NODO CORE DI GIOIA TAURO
Cartisano A., Chilà G., Fortugno G., Musolino G., Panuccio P., Rindone C., Russo F., Trecozzi M., Vitetta A. - Università degli Studi Reggio Calabria

I nodi della rete TEN T si caratterizzano per essere luoghi di riferimento per lo sviluppo dei territori.

La terza generazione di porti, secondo le analisi di UNCTAD, nasce con la rivoluzione dei container. Negli ultimi due decenni del XX secolo il container si afferma come strumento principale per il trasporto delle merci, sia semilavorate che finite, tra i mercati di produzione e i mercati di consumo. Il container è lo strumento che permette la globalizzazione dell’economia.

L’affermazione del container unitizzato (TEU), richiede la nascita di navi adeguate al trasferimento dei container, oggi in grado di trasportare più di 22000 container. I porti storici non sono adeguati a queste navi e non sono attrezzati di superfici per la movimentazione di milioni di contenitori.

Nascono quindi i porti di terza generazione con profondi fondali, ampi piazzali, spazi retroportuali di servizio.

La semplificazione del trasporto merci data dal container modifica lo stesso funzionamento delle fabbriche. Allo stabilimento industriale storico, in cui entravano materie prime e da cui uscivano prodotti finiti, si sostituisce lo stabilimento moderno che opera su alcune parti di produzione ed è profondamente integrato con altri stabilimenti che possono trovarsi anche in altri continenti.

Il porto di terza generazione diventa quindi la base logistica strategica e il luogo di lavorazioni intermedie e/o finali. La realizzazione di valore aggiunto (e quindi l’aumento di occupazione), ulteriore rispetto a quello prodotto dalle attività di transhipment, fa nascere il porto di terza generazione.

Questa nota si concentra sul caso di studio del porto di Gioia Tauro, uno dei principali porti hub del Mar Mediterraneo, individuando la prospettiva strategica con cui diventare un porto di terza generazione.

I grandi porti in Italia sono gestiti direttamente dallo Stato e quindi mancano strutturalmente del rapporto con il territorio. Questo limite è particolarmente difficile da superare per i porti di seconda generazione (prevalentemente porti industriali) e per i porti di terza (prevalentemente porti container), mentre i porti di prima generazione per la loro natura di porto città, sono storicamente pienamente integrati con il territorio.

Il programma di sviluppo strategico è stato avviato in modo sistematico con la redazione del Piano Regionale dei Trasporti della Calabria, è stato approfondito, individuando interventi e finanziamenti, con successivi documenti di programma quali: Area Logistica Integrata e Zona Economica Speciale.

Gli interventi riguardano il porto e il retroporto. Quelli inerenti il porto sono: bacino di carenaggio; roro di altura; carpenterie per i contenitori. Quelli riguardanti il retroporto riguardano: logistica generale; logistica agroalimentare; logistica metalmeccanica e dell’automotive.

Gli interventi hanno un costo stimato, escludendo il costo del bacino, dell’ordine di mezzo miliardo di euro, vengono aggregati in due classi omogenee: PNRR, e quindi compatibili con obiettivi e vincoli del Next Generation EU, e PON 21-27.

IL RUOLO DELL’ICT NEI PORTI: UN PCS TRA GIOIA TAURO ED AUGUSTA
Francesco Russo(*), Giuseppe Musolino(*) - (*) DIIES, Università Mediterranea di Reggio Calabria

I costi, la posizione geografica e i servizi offerti sono tradizionalmente gli elementi fondamentali di un porto, in termini di capacità di competere, e cooperare, con altri porti. Negli ultimi due decenni si è aggiunto quale nuovo elemento l’ICT.

Inizialmente i porti hanno adottato soluzioni ICT individuali (dei singoli soggetti operanti), che hanno in generale permesso un innalzamento dei livelli di efficienza, efficacia e qualità, a seconda del tipo di ICT, nei tre flussi principali: cargo, informazioni e finanziario. Successivamente, le necessità/opportunità di avviare processi di cooperazione tra i soggetti della comunità portuale, e tra i porti, hanno spinto allo sviluppo dei Port Community Systems (PCS).

Un PCS è una piattaforma elettronica aperta che facilita lo scambio intelligente e sicuro delle informazioni tra i soggetti della comunità portuale. L'obiettivo principale di un PCS è incrementare la efficienza e la efficacia del sistema portuale, e la cooperazione e la competitività (complessiva) dei soggetti che operano nel trasporto e nella logistica all’interno del sistema portuale, a risorse fisiche inalterate.

L’obiettivo generale dell’articolo consiste nell’individuare le caratteristiche funzionali dei PCS, per favorire l’integrazione, in termini di competizione-cooperazione, tra operatori del singolo porto e tra porti appartenenti ad un sistema territoriale.

Viene presentato un caso studio degno di nota ed esemplificativo delle potenzialità. Lo studio viene svolto in relazione ai due porti di Augusta e Gioia Tauro.

I porti di Gioia Tauro ed Augusta sono due grandi porti appartenenti alla rete europea TEN-T core.

Il porto di Gioia Tauro è il primo porto italiano nelle attività di transhipment di merci containerizzate, ed uno tra i più importanti in Italia per l’automotive. Il porto di Augusta, assieme a Santa Panagia, rappresenta il secondo porto italiano per le rinfuse liquide.

Augusta e Gioia porti possono avviare una politica di cooperazione su specifiche attività, al fine di creare sinergie per valorizzarne le caratteristiche individuali, che ad oggi sono iper-specializzate: porto container il primo e porto industriale-petrolifero il secondo. In questo senso, il PCS può rappresentare il primo intervento condivisibile tra Gioia Tauro e Augusta capace di puntare alle due parole chiave: digital e green; facendo del bipolo Augusta-Gioia il primo porto d’Italia e del Mediterraneo. Si tratta di realizzare un PCS che tenga conto delle nuove tecnologie: dalla Internet of Things alla Blockchain, dai Big Data alla Artificial Intelligence, sino alla disponibilità progressiva di un digital twin.

L’articolo è strutturato come segue.
(1) Viene proposta una classificazione dei PCS esistenti, secondo il concetto di wave, che raccoglie gruppi di PCS sviluppati nello stesso periodo di tempo secondo i contesti normativi, tecnici e geo-economici del periodo.
(2) Vengono individuate le caratteristiche funzionali dei PCS, per facilitare la competizione-cooperazione tra porti di un sistema territoriale. La modifica delle funzioni di costo, e quindi l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia, spostano il sistema portuale munito di PCS, in una condizione diversa per gli utenti dei porti componenti.
(3) Viene presentata una analisi preliminare all’avvio di un comune e condiviso processo di digitalizzazione nei due porti di Gioia Tauro e Augusta, che sfoci nella realizzazione di un unico Port Community System (PCS).

LE SINERGIE TRA PORTI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO SICILIANO
Matteo Ignaccolo, Giuseppe Inturri, Michela Le Pira, Vincenza Torrisi, Giovanni Calabrò, Martina Fazio - Università di Catania.

La relazione tra i porti e le città in cui si trovano è un tema a lungo dibattuto. L‘interfaccia portocittà è un’area particolarmente vulnerabile, proprio a causa dell’impatto delle attività portuali che ha ripercussioni sull’attrattività e la vivibilità delle aree urbane. Le aree portuali, ed in particolare quelle commerciali ed industriali, sono interessate da significativi flussi di traffico pesante da e verso il porto che causano diverse esternalità, come la congestione del traffico urbano e l'inquinamento, influenzando notevolmente la funzionalità sia del porto che della città. Da qui la necessità di considerare una prospettiva di sostenibilità nei processi decisionali di pianificazione portuale: occorre pensare a soluzioni appropriate per ridurre le esternalità, senza ostacolare il contributo economico del porto alla città. In questo contesto complesso e dinamico, i porti italiani stanno assistendo a cambiamenti sostanziali, dovuti a un nuovo quadro legislativo.

Prima del 2016 i porti italiani erano gestiti individualmente dalle Autorità Portuali, enti regolatori delle attività svolte nel porto. Nel 2016 una nuova legge (DL 169/2016) recante la “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali” ha introdotto il cosiddetto “Sistema Portuale” quale nuovo ente pubblico con finalità istituzionale di gestione e organizzazione di beni e servizi in aree portuali coordinando le attività di diversi porti parte di esso. Questa misura ha istituito 15 Autorità di Sistema Portuale (AdSP). Una di queste è l’ASdP del Mare di Sicilia Orientale, che comprende il Porto di Catania e il Porto di Augusta. Questi due porti si trovano ad una distanza di circa 45 km l’uno dall'altro e sono molto diversi tra loro, sia per quanto riguarda le attività portuali, sia per quanto riguarda il rapporto porto-città. Più in dettaglio, il porto di Augusta è un porto di storica vocazione industriale legata alle attività petrolifere, che attualmente sta vivendo una riforma infrastrutturale per il miglioramento del proprio terminal commerciale; il porto di Catania è un porto commerciale che sta vivendo gravi problemi di saturazione della capacità, congestione del traffico e inquinamento nelle aree di interfaccia porto-città.

Questo contributo analizza questo problema proponendo soluzioni per migliorare le attività portuali e le relazioni porto-città, attraverso la sinergia delle attività dei i due porti. In questo studio, si fornisce un quadro di riferimento per promuovere la sinergia delle operazioni tra i porti che fanno parte di un Sistema Portuale. In particolare, l’approccio proposto mira a valutare gli impatti dello spostamento di parte del traffico commerciale da un porto situato all’interno di una città ad uno localizzato lontano dalle aree urbane, in termini di:

(1) capacità del terminal, ovvero saturazione della capacità degli spazi;
(2) operazioni marittime, ovvero cambiamenti nell’impatto della navigazione dovuti alle rotte e all’ormeggio in un porto diverso;
(3) collegamento con il territorio, ovvero impatto del trasporto ferroviario/stradale per raggiungere le destinazioni finali delle merci (es. aree logistiche);
(4) relazione porto-città, ovvero diminuzione degli impatti associati alle operazioni logistiche sul traffico urbano.

L’approccio è stato applicato al caso studio del AdSP del mar di Sicilia Orientale, che coordina le attività del Porto di Catania e del Porto di Augusta. La metodologia prevede diverse analisi e valutazioni, ovvero:

(i) analisi dei dati attuali del traffico merci dei due porti e tendenze future;
(ii) analisi dell’impatto attuale sul traffico urbano causato dalle attività logistiche portuali;
(iii) valutazione della capacità del terminal e stima della quantità di traffico da trasferire da un porto all’altro;
(iv) calcolo dei costi di navigazione dovuti allo spostamento;
(v) re-routing e analisi dei costi associati alla nuova soluzione di trasporto terrestre; (vi) analisi della riduzione del traffico di veicoli pesanti associata alla logistica portuale e valutazione degli impatti sul traffico urbano nel nuovo scenario. I primi risultati evidenziano un miglioramento dell'efficienza delle operazioni portuali e un migliore utilizzo della capacità portuale, prestando attenzione ai costi sostenuti dalle aziende e dagli operatori. Ciò suggerisce che un approccio di sistema portuale potrebbe portare a una sinergia tra i porti per rendere le operazioni portuali più efficienti, creare nuovo valore economico e migliorare le relazioni porto-città.

LA CENTRALITÀ DEL TRASPORTO MARITTIMO DELLE MERCI PER LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO
Giuseppe Salvo - Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Palermo

L’attuale dibattito sui contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
ripropone la necessità di approfondire il rapporto tra trasporti e crescita economica del mezzogiorno, tema sul quale da tempo si dibatte e che rimane di grande attualità. Se da un lato la posizione geografica sembra favorire le regioni dell’Italia meridionale, tuttavia l’atteso rafforzamento della competitività del sistema portuale, indispensabile per la crescita del sistema industriale e distributivo del sud Italia, ha una presenza marginale nella pianificazione dei trasporti. Parole chiave come “sostenibilità” e “digitalizzazione” introdotte nel PNRR diventano un’opportunità per sopprimere tale divario.

L’attuale scenario antagonistico dei fronti del Nord e del Sud Europea pone i porti in concorrenza tra loro rispetto ai grandi players internazionali, i quali finiscono per imporre logiche di mercato a loro esclusivo interesse economico. Ciò ha determinato una portualità più come sistemi isolati, in competizione, che parte di un disegno logistico integrato in uno spazio economico comune.

L’attuale deficit di competitività richiede la definizione di scenari strategici di più lungo orizzonte che tenga conto delle infrastrutture e della vocazione del territorio delimitato da ragioni economiche più che da confini amministrativi, in grado di orientare gli investimenti sulle strutture portuali presenti in funzione del ruolo che dovranno assolvere oltre che per i servizi da offrire.

È necessario, dunque, rafforzare una pianificazione che coinvolga l’intera filiera logistica, che comprenda anche le strutture retroportuali e la (spesso) difficile accessibilità dei nodi lato terra, sia in termini di collegamenti stradali che di collegamenti ferroviari di “ultimo miglio” competitivi con il trasporto stradale.

Non secondaria l’occasione per offrire un contributo alla riforma dei corridoi Ten-T, attualmente in discussione, introducendo il ruolo dei porti come nodi multimodali dotati di funzione di cluster industriale e logistico ad alto valore aggiunto.

I forti mutamenti che ci riportano le statistiche degli scambi commerciali e dei flussi di traffico, in parte determinati dal Covid19 ed oggi di difficile previsione dal punto di vista quantitativo e qualitativo, insieme una continua modifica geo-politica dei Paesi del Mediterraneo rappresentano una opportunità per una trasformazione della governance dell’offerta di trasporto e dei modelli di mobilità.

La direzione da seguire è quella di fare sistema tra le Università, le istituzioni e le imprese di trasporto, di fare massa critica superando localismi a volte contraddittori, e cogliere appieno le opportunità offerte sul piano economico, politico e strategico dalla collocazione del Mediterraneo lungo le rotte commerciali.