REGGIO. Domani l'Anassilaos presenta il libro "Enzo Tortora/Lettere a Francesca”

REGGIO. Domani l'Anassilaos presenta il libro "Enzo Tortora/Lettere a Francesca”
Presente Francesca Scopelliti, Presidente della Fondazione "Enzo Tortora" e compagna del giornalista e conduttore televisivo, sarà presentato mercoledì 28 giugno alle ore 19,30 presso il Chiostro di San Giorgio al Corso, nel corso di una manifestazione promossa dalla Camera Penale di Reggio Calabria e dall’Associazione Culturale Anassilaos, il libro “Enzo Tortora/Lettere a Francesca” che contiene 45 delle lettere che egli le ha inviato dal carcere nel quale era stato ingiustamente imprigionato. Arrestato il 23 giugno 1983 per associazione camorristica e spaccio di droga Tortora restò in carcere fino al  17 gennaio 1984, quando il giudice dispose i domiciliari. La sua vicenda umana e personale  costituisce uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia d’Italia. Il giornalista e il conduttore televisivo più seguito (Portobello)   vive l’incubo di una giustizia quasi medievale e decide di battersi non soltanto per affermare la sua estraneità alle accuse ma anche per denunciare le aberranti condizioni di vita dei detenuti. Nella prima delle lettere, a pochi giorni dall’arresto scrive “È stato atroce, Francesca. Uno schianto che non si può dire. Ancora oggi, a sei giorni dall’arresto, chiuso in questa cella 16 bis, con altri cinque disperati, non so capacitarmi, trovare un perché. Trovo solo un muro di follia. Mi verrebbe da ridere, amore, se la cella non fosse vera, le manette autentiche, le notizie emesse sul serio. È come se mi avessero accusato di avere ucciso mia madre, e dicessero di averne le prove". Nelle lettere traspare l’incredulità e l’amarezza di un uomo onesto e probo coinvolto, suo malgrado, in una vicenda degna del processo di Kafka, ma anche la rabbia per essere stato tradito dal suo paese, dagli amici, dai colleghi: “… Sto pensando di chiedere il cambio di cittadinanza. Questo Paese non è più il mio”, e ancora   a proposito della stampa scrive  “Non mi parlare della Rai, della stampa, del giornalismo italiano. È merda pura”. A parte pochissime eccezioni mi hanno crocifisso, linciato, sono iene. Sai, non esco a fare l’ora d’aria perché i tetti sono pieni di fotoreporters. Non manca l’attenzione alla condizione carceraria, sua e degli altri detenuti, “Ci pigiano in sette in pochi metri”, “Chissà perché si dice ‘al fresco’, io muoio di caldo, in cella”, “Sei al cesso, un buco apposito consente loro di vederti” e ancora "Il mio compito è uno: far sapere. E non gridare solo la mia innocenza: ma battermi perché queste inciviltà procedurali, questi processi che onorano, per paradosso, il fascismo, vengano a cessare. Perché un uomo sia rispettato, sentito, prima di essere ammanettato come un animale e gettato in carcere. Su delazioni di pazzi criminali". Un impegno che egli onorerà da leader del partito radicale, di cui fu anche presidente, battendosi per una giustizia giusta. Il 15 settembre del 1986 i giudici d’appello stabilirono la sua innocenza, assoluzione poi  confermata dalla Cassazione l’anno successivo. La giustizia seppe dunque ricredersi  e riconoscere l’estraneità di Tortora ma il prezzo pagato dal giornalista, in termini di sofferenza fisica e psicologica, fu enorme. Il 18 maggio del 1988 infatti un tumore lo uccise. Introdurrà l’incontro  Stefano Iorfida, Presidente Associazione Anassilaos. Interverranno l’ avv. Gianpaolo Catanzariti, Osservatorio Carcere Camera Penale di Reggio Calabria, l’ avv. Francesco Calabrese, Presidente della Camera Penale di Reggio Calabria; l’avv. Carlo Morace, Vice Presidente Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria; il prof. Antonino Romeo.