L'Italia che amo. Quella sobria, seria, competente di Mario Draghi. L'Italia atlantista ed europeista, che riconosce nella Resistenza ucraina i propri valori fondanti
Ho votato all’alba. Come sempre. Come faceva mio padre: “Se poi mi succede qualcosa durante la giornata, il partito perde un voto”. Consapevole e grata che a gente come lui – cavaliere per meriti “resistenziali” – si deve la possibilità di votare.
Stamattina non solo ho “aperto” il seggio, come mi è capitato sempre, ho dovuto anche aspettare che materialmente lo aprissero, togliendo i sigilli all'aula, poiché il presidente ha avuto un qualche intoppo ed è arrivato più tardi e, mentre ero sulle scale per andarmene, mi hanno richiamato perché s’erano scordati di trascrivere il numero della scheda elettorale: al primo voto, non avevano ancora abbastanza allenamento.
La giornata è grigia, ventosa, fredda con scariche di pioggia intermittenti. Sembra il clima adatto, il giusto preludio a ciò che ci aspetta. L’Italia che uscirà maggioritaria dalle urne non è quella che vorrei io. Per me, e gente come me, le elezioni andranno male, con una gamma che va dal malissimo al pessimo e, una piccola luce per il futuro, se chi ha sostenuto a spada tratta l’Agenda Draghi avrà un risultato decente/buono.
Non ho nessuna voglia di aggiungere al lamento del cielo – in questo momento piove fitto – altri lamenti. Arriva il tempo di fare roccia col proprio “personale”: il lavoro (si lavora anche in pensione); gli interessi (dalla lettura al giardinaggio); gli affetti, continuando a “costruire”, continuando a provare di costruire.
La storia è lunga. E nessun momento grigio o buio la chiude.