Guardando le prime pagine dei quotidiani e delle testate online di questi giorni si ha una fotografia quasi distopica della società italiana.
Gli interrogativi inquietanti dell’orribile omicidio della giovane diciassettenne Michelle, le continue violenze esecrande all’interno delle famiglie, le denunce per presunta violenza sessuale di un’altra giovane donna nei confronti del giovane figlio del Presidente del Senato Ignazio Larussa, con annesso show avvocatesco della seconda carica dello Stato, la storia tutta italiana del ministro Daniela Santanchè, tra verità disvelate, scampoli di gossip, affari e mondanità, vecchie abitudini e interscambi tra Procure e cronisti giudiziari che puntualmente ritornano, l’ incredibile incriminazione coatta nei confronti del Sottosegretario Delmastro, che forse anticiperà la urgente necessaria separazione delle carriere, l’ira funesta ed eterea del Ministro Nordio, le manovre inquietanti all’interno del CSM per impedire la nomina legittima e meritata di Nicola Gratteri a Procuratore della Repubblica di Napoli.
Poi tutti i dettagli miliardari del testamento di Silvio Berlusconi. Della guerra in Ucraina poche colonne in cronaca. In Calabria Roberto Occhiuto non si candida alle Europee.
E poi un riquadro con foto in bianco e nero di Arnaldo Forlani 1925-2023, Leader della Prima Repubblica.
E‘ il risvolto mediatico dell’altra faccia del Paese, che sembra del tutto estranea a quella raffigurata dall’ISTAT nel suo rapporto statistico annuale sulla condizione di vita degli italiani. Da cui emerge una società complessa, sempre più lontana dalle civiltà occidentali, dilaniata dalle difficoltà economiche, dalle disuguaglianze, dall’incompiuto processo di costruzione della democrazia e di affermazione dei diritti fondamentali dei cittadini. Prima di tutti libertà, giustizia e lavoro.
A distanza di trent’anni da quando una parte della magistratura venne utilizzata per realizzare un grande piano eversivo, destabilizzando la classe politica che aveva guidato il paese, nella Prima Repubblica, dalla ricostruzione del dopoguerra, allo sviluppo economico e sociale fino al raggiungimento di straordinari traguardi tra i grandi paesi industrializzati del mondo.
E la vittima più illustre di quella falsa rivoluzione doveva essere proprio Arnaldo Forlani, il mite Segretario della Democrazia Cristiana, che in quanto tale “ non poteva non sapere ”, al pari dell’altra vittima designata Bettino Craxi per i socialisti, come avveniva il finanziamento della politica. Forlani venne sottoposto ad una gogna processuale da parte di un Maramaldo Antonio Di Pietro, che non aveva avuto lo stesso coraggio nei confronti del Segretario del PSI Bettino Craxi, che però pagò con l’esilio ad Hammamet le sue presunte responsabilità personali e politiche.
Sono pagine su cui la coscienza storica e politica del Paese non è riuscita a trovare un sussulto di dignità e di orgoglio civile per pretendere finalmente l’affermazione della verità. Un paese che trova la spinta e le motivazioni per formare una Commissione d’inchiesta bicamerale sul COVID e non trova la volontà e il coraggio, il bisogno di giustizia per formare un’analoga Commissione d’inchiesta sui crimini di Tangentopoli è un paese che, forse, a distanza di un trentennio non ha compiuto pienamente il suo percorso verso la democrazia, l’equilibrio dei poteri e la giustizia giusta.
Ecco perché oggi il ricordo di Arnaldo Forlani non può che avere un significato e un valore più ampio, che renda realmente omaggio e giustizia all’ultimo rappresentante di un pensiero e un impegno politico, di cui si era decretata la fine violenta nel 1992. Anche se occorre avere la lucidità e l’onestà intellettuale di affermare che il ruolo storico della Democrazia Cristiana si era compromesso già nel 1978, con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e l’incapacità o la viltà della classe dirigente del suo Partito di respingere il diktat cinico e opportunistico del PCI di Enrico Berlinguer di rifiutare la trattativa per salvare la vita del Presidente della DC.
In quei momenti si è incrinata definitivamente la funzione storica del Partito di tutte le libertà, dell’uguaglianza delle persone e del contemperamento di tutte le istanze sociali. La caduta del Muro di Berlino nell’89 ha dato poi la stura anche agli americani di scaricare i tradizionali alleati italiani non più utili per fare argine al pericolo comunista ormai inattuale, aprendo così la strada alla trucida rivoluzione giustizialista delle Procure acclamate dai populismi di ieri e di oggi.
Arnaldo Forlani è stato scelto simbolicamente e cinicamente come immagine televisiva della disfatta della società politica che aveva accompagnato l’Italia verso la democrazia. Questo ultimo trentennio ha visto la totale sottomissione della politica alla magistratura e si è affermata la “irrimediabile subalternità della sinistra” alle Procure militanti.
Delineare doverosamente la figura di un leader come Arnaldo Forlani non significa sicuramente dipingere il santino con l’aureola, come in queste ore si affannano a fare tutti quei democristiani che per tre decenni hanno taciuto, hanno trovato riparo e scampo sotto il manto protettivo degli ex comunisti nelle varie formazioni partitiche post berlingueriane.
Arnaldo Forlani ha rappresentato con onore e dignità l’animo più moderato del Partito immaginato da Luigi Sturzo come la vera novità per il riscatto di tutte le classi sociali nel rispetto del valore della persona umana. Forlani, fermo difensore del “centrismo” e grande teorico della “governabilità” ha attraversato tutte le fasi del lungo percorso dei cattolici democratici alla guida del Paese, accanto alle figure più rilevanti e dei veri protagonisti di quella storia da Amintore Fanfani a Ciriaco De Mita a Giulio Andreotti. Ma subendo il grande smacco al suo cursus honorum da un grigio Oscar Luigi Scalfaro, uscito inopinatamente dalle retrovie del Consiglio Nazionale del Partito, diviso nella scelta del candidato alla Presidenza della Repubblica tra Andreotti e lo stesso Forlani.
Ma la storia politica del Paese è stata spesso condizionata emotivamente da gravi fatti esterni. Sull’onda della preoccupazione e dello sdegno per la strage di Capaci e della barbara uccisione di Giovanni Falcone la DC rinunciò definitivamente alla politica e sacrificò Arnaldo Forlani alla meritata elezione al Quirinale, che avrebbe cambiato in senso compiutamente democratico la storia del nostro Paese. Ricordo perfettamente quella storica e drammatica seduta del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana.
Oggi è affidato ad una nuova generazione di politici, che non hanno vissuto quella storia, di ricostruire e consolidare le basi del nostro sistema di convivenza civile e democratica, partendo proprio dal ridisegnare i ruoli e i pesi degli organi e delle istituzioni dello Stato, riportando la funzione della Magistratura nell’alveo dell’ordinamento e del rispetto della Legge, in nome del Popolo Italiano.
E‘ questo il modo più giusto per onorare anche la figura di un Uomo probo come Arnaldo Forlani.