L'INTERVENTO. E a Cosenza si ritorna a parlare di riformismo

L'INTERVENTO. E a Cosenza si ritorna a parlare di riformismo
È interessante che a Cosenza si tenga una iniziativa della sinistra riformista, a fine luglio e senza scadenze politiche in vista.
Anche perché il termine riformista è stato fatto oggetto di valutazioni poco lusinghiere, negli ultimi periodi, assimilandolo tout court al liberismo o confondendolo con un ‘fumoso e velleitario terzo polo’ che di volta in volta si è identificato, maliziosamente, con personalità politiche discusse e tacciate paradossalmente di minoritarismo. Che se ne discuta proprio a Cosenza, poi: l’area in cui molti consensi hanno riscosso identità ed esponenti politici espressioni del socialismo più genuino che non ha bisogno di ulteriori aggettivi, va salutato come un auspicio perché da qui prenda corpo e forma un progetto per la sinistra che risulti utile alla Calabria e al Paese.
 
Sinistra riformista e sinistra radicale sono le due facce di una stessa idea, di partenza, che hanno faticosamente convissuto (da sempre) all’interno della politica in virtù di compromessi e accordi non sempre virtuosi ma che ne hanno comunque garantito l’unità, pena però il non pieno riconoscimento nello schieramento democratico (il fattore k), e soprattutto l’aver fornito un contributo solo parziale a un Progetto Paese (per le mediazioni defatiganti sfociate puntualmente in risoluzioni interlocutorie). 
 
Se si pensa alla svolta di Occhetto o alle ‘reggenze’ di Veltroni, alle reazioni che si sono avute nella base, a come ancora oggi le posizioni siano in prevalenza improntate alla nostalgia per un partito che non c’è più e alla ripulsa per qualsiasi tentativo di apertura verso la comprensione e la guida di realtà in continua evoluzione, si ha l’idea di quanto sia difficile far prevalere linee e orizzonti che gli eventi ci hanno consegnato.

Eppure Aldo Schiavone, che ha guidato l’Istituto Gramsci, Donald Sassoon, che è stato allievo di Eric Hobsbawm, ci mostrano dati alla mano come il popolo e le prospettive della sinistra europea siano radicalmente mutati. Di come siano cambiati il mondo del lavoro, le condizioni di vita, le coordinate di un ‘blocco sociale’ che non è più quello degli operai e dei contadini così com’era alle origini, documentato nel recente, curatissimo volume dell’Istituto di Storia Contemporanea diretto da Paolo Palma.

Si potrebbe dire che si oscilla fra la testimonianza e l’incapacità: di com’eravamo e di non ‘comprendere’ l’oggi. Solo che con il vagheggiare passati ormai passati non si fa politica ne’ tantomeno non capire e non portare a sintesi dinamiche odierne risulta utile a proporsi come soggetto del cambiamento. Perché sinistra è cambiamento, sinistra è insieme di valori fondati sulla giustizia sociale, sui diritti riconosciuti per tutti, sulla solidarietà, sull’inclusione: ma sinistra è termine, pratica ed azione, che va declinato nel tempo e nello spazio, al riparo da slogan e parole d’ordine autogratificanti quanto sterili.