L'INTERVENTO. Reggio città sospesa e il caso Falcomatà

L'INTERVENTO. Reggio città sospesa e il caso Falcomatà
Una vicenda giudiziaria sorta da un pregiudizio politico e da inimicizia, una legge sbagliata, una Città sospesa, il voto dei cittadini tradito, una condanna annullata perché il reato ipotizzato non esiste. Va riconosciuto a Giuseppe Falcomatà l'aver affrontato tutta questa lunga e paradossale vicenda con compostezza e rispetto istituzionale. Ora potrà tornare al lavoro cui lo hanno chiamato i reggini.

A mente fredda, occorre però allargare la questione, portarla alle conseguenze radicali, non basta la soddisfazione del momento: la legge va cambiata, la "Severino" non e' compatibile con lo Stato di diritto, anticipa la sanzione penale ad una fase in cui l'iter processuale non e' definito, colpevolizza il malcapitato ben oltre l'accertamento giudiziale.

Non può ricadere tutto sugli Amministratori, non e' possibile sbagliare così tanto la mira e individuare nei politici locali, nei sindaci e negli assessori, il bersaglio "facile" di un "Diritto aggressivo", emergenziale, demagogico, qualunquista, nemico della Politica. C'e' sempre qualcosa di erroneo in misure poste in essere non per tutelare davvero la Cosa Pubblica ma solo per rispondere agli echi della gogna mediatica tanto cara al populismo giudiziario.

La Sinistra, proprio la Sinistra del progresso, della libertà e della giustizia sociale, deve contribuire al rinsavimento "liberale" di una legislazione frutto del culto di "Idoli Sostitutivi" - il purismo politico e il giustizialismo mediatico - che nulla hanno a che fare con i principi giuridici di un Ordinamento equilibrato, conscio della difficoltà dell'amministrare.

Non si possono "condannare" i Sindaci perché lavorano, si impegnano, si "sporcano le mani" per fornire risposte immediate ai bisogni di un'utenza che vede nell'amministratore locale il rappresentante dello Stato; non si può "sospendere" l'esito democratico di un'elezione sulla base dell'effetto "automatico" di una condanna in primo grado per abuso di ufficio, come se il diritto di difesa non esistesse, come se i gradi del giudizio fossero inutili, come se il "giudicato" si formasse già alla prima pronuncia giudiziale; pronuncia spesso sbagliata come la sentenza della Cassazione per Falcomatà insegna: invischiato per sette anni in un procedimento senza che ci fosse il reato.

In tal modo procedendo le persone perbene si allontaneranno dall'impegno civico per timore di un cortocircuito giurisdizionale capace di violare il principio sacro della presunzione di innocenza, lasciando spazio solo ad avventurieri spregiudicati. I Democratici, i Progressisti, il Partito Democratico come espressione più alta del Centrosinistra deve porsi questo problema, deve ascoltare i suoi tanti sindaci e amministratori. Non possiamo lasciare le "garanzie" del giusto processo all'uso strumentale che ne fanno le Destre: garantisti per se stessi - anche in presenza di condanne definitive - e "cattivisti" con gli avversari.

Ha fatto bene Antonio Morabito, segretario metropolitano del PD reggino, che, nel commentare con soddisfazione l'assoluzione di Falcomatà, ha stigmatizzato il rischio del ritorno di un passato che non vuole passare, i danni prodotti a Reggio dalla gestione del Centrodestra del commissariamento e dei conti scassati. Falcomatà, oggi, ha anche questo compito: strutturare con forza il ruolo del buon governo cittadino, vincolare il Pd ad un'Amministrazione finalmente nella pienezza dei ruoli, aprire totalmente la nuova squadra che governerà Reggio nei prossimi anni al contributo fattivo di tutte le tante forze democratiche del Centrosinistra dello Stretto.

Il caso Falcomata' lo dimostra: è la forza di una Comunità Politica forte e determinata ad essere il collante necessario per reggere alle ingiustizie. Il Sindaco non è solo, non deve essere lasciato solo, non può chiudersi nella solitudine. La Città di Reggio merita il suo "ritorno" senza ombre e incertezze; la Comunità politica dei Democratici è pronta alla ennesima ripartenza.