Canfora sviluppa il suo discorso su linee del tutto diverse da quelle del celebre breviario di Umberto Eco ricavato da una celebre conferenza, Il fascismo eterno (1995). A parte la copertina nera, l’impianto è
opposto e anche divergente. Infatti, mentre Eco riassumeva tratti antropologici e semiologici del “fascismo perenne”, Canfora invece fa storia concreta contemporanea del fascismo, ricavandone un breviario spendibile tra passato e presente. E con particolare e preciso riferimento al fascismo e al post fascismo di oggi, in Occidente, e segnatamente in Italia, dove la premier – voglia o non voglia ma quello è - è figlia diretta e indiretta della matrice missina e della Rsi. Ma mentre per Eco il fascismo era solo
antimoderno, anticulturale-antilluminista per Canfora, fedele alla lezione gramsciana, c’è una modernità equivoca, reazionaria, di massa, latente nel fascismo endemico attuale e c’è persino un tentativo di egemonia culturale che alligna nella crisi delle società insidiate oggi dalla globalizzazione.
Canfora parla del risorgere di tre fenomeni storici chiave.
1) Il suprematismo etnico razziale che nasce a metà’ 800: la razza, l’etnia bianca da preservare, con pratiche eugenetiche che ben prima del nazismo ebbero corso nei paesi scandinavi negli anni ’30 e negli USA di Roosevelt, come oggi vedi Trump.
2) La complicità è la simpatia iniziale verso il fascismo europeo e poi il nazismo, di tutto il mondo liberal conservatore euro-americano. Almeno fino al 1940 Churchill lodava il Duce come legislatore e statista mondiale erede di Augusto e argine al comunismo, che avrebbe voluto strozzare fin dal 1917. Churchill cercò fino all’ ultimo di convincere il Duce a non entrare in guerra con svariate promesse. Nota è, peraltro, la simpatia iniziale di Benedetto Croce e di Luigi Einaudi (avverso al diritto di sciopero) per il manganello. E la loro idea di un argine al socialismo con le squadracce. Einaudi, ricorda Canfora, temeva più di tutti Turati che, unito a Giolitti, poteva imporre lo statalismo! Entrambi votarono la fiducia a Mussolini fino al caso Matteotti, distaccandosi dal regime solo nel 1925 con il Manifesto degli intellettuali antifascisti.
3) Il tentativo revisionista di negare la matrice delle stragi fasciste tra gli anni 1969 e 1980, annegandole in un generico richiamo al terrorismo. Che copre di fatto le complicità NATO già documentate assieme agli esecutori e con sentenze passate in giudicato, ma ancora con segreto di Stato che Meloni promette di
rimuovere vagamente.
In conclusione, Canfora riassume bene con questi tre argomenti la sua denuncia “anti neofascista”. La stessa denuncia che lo ha fatto oggetto di quella querela di cui sopra da parte di Meloni per aver sostenuto che la sua politica è affine al suprematismo skinheads e nazifascio estremista. Una querela politica, che si associa ad altre iniziative simili contro studiosi e giornalisti critici su singoli punti, Saviano in testa. E che assieme a leggi poliziesche, assalto alla magistratura, al Parlamento e all’occupazione senza regole della Tv di Stato conferma in pieno la tesi dello storico Canfora: il fascismo cioè non è mai morto. Alligna e prospera anche senza camice nere e busti, che pure conserva. Non ne ha alcun bisogno. È già qui.