Renzi ha vinto. E in Calabria bisogna rifare il Pd

Renzi ha vinto. E in Calabria bisogna rifare il Pd

renzi      di ALDO VARANO - Alle 21,45 di domenica, quando alle primarie era ormai chiaro il trionfo di Renzi, la Adnk, agenzie di stampa tra le più importanti del paese, ha titolato: “PD: Toscana regno di Renzi, Calabria regione meno rottamatrice”. Un giudizio forse azzardato perché il successo del sindaco di Firenze nella regione (se ne tenga conto) più bersaniana d’Italia alle precedenti primarie, sia pure molto più contenuto rispetto al resto del paese, pare destinato a innescare sommovimenti profondi.

Intanto, bisogna prendere atto che gli 80mila calabresi che hanno votato si sono mossi, molto più che sulla spinta degli sponsor locali di Renzi sulle stesse identiche pulsioni che hanno giocato nel resto del paese. Renzi, sia vero o no piaccia o meno, è diventato una scommessa e una speranza: far vincere un centro sinistra che non ce la fa e non riesce a farcela - questa la percezione - anche per l’incapacità dei dirigenti e dei mandarini del Pd in continua rissa.

In Italia, ma anche in Calabria, hanno votato in realtà molto più gli elettori che i militanti, elettori in qualche modo diversi e separati dagli iscritti. E sono stati questi elettori, in gran parte lontani ed estranei ai giochi e alle lotte interne che paralizzano da anni il Pd calabrese togliendogli credibilità e autorevolezza, a incoronare Renzi, magari sperando e immaginando che il sindaco di Firenze li rottamerà tutti, senza fermarsi neanche davanti a chi lo ha scelto con l’antica sapienza dei meridionali che per sopravvivere s’arrangiano tra “o Franza o Spagna purché se magna”.

In quella fascia di opinione pubblica Calabrese aldata ai seggi (nel voto vero spesso condizionata dal ricatto clientelare) hanno giocato le spinte nazionali: prima di tutto l’opposizione al governo Letta che, in Calabria, per il mordere drammatico della crisi (si veda l’ultimo rapporto Bankitalia sulla crescita del divario) ha ancor di più agevolato Renzi e l’altrimenti esagerato e inspiegabile 8% di Civati.

Alla valanga verso il sindaco resiste solo (ma malamente) Cosenza e, per una manciata di voti, Vibo. Ma a guardar meglio nel cosentino, tolta la città, nelle zone più urbanizzate dove si presume più larga la fascia dell’opinione pubblica, Renzi prende il sopravvento, premiato dalla distanza dei circoli del Pd che, e non pare una contraddizione, mostrano cedimenti importati anche dove più antico era l’insediamento della sinistra del Pci (presila, Crotonese). Per non dire di Reggio dove nelle scorse settimane ha vinto il congresso contro l’intero l’establishment locale un rappresentante di Cuperlo, ma domenica, scesi in campo gli elettori del Pd anziché gli iscritti, s’è ripreso il campo Renzi.

Che accadrà ora in Calabria? Si tenga conto che Renzi vince proprio mentre crollano due pilastri del suo successo. Il Porcellum non c’è più. Non sarà più possibile, quindi, vincere con elezioni subito e pur essendo una forte minoranza che prende un voto in più, uno solo, di Grillo o Berlusconi. Inoltre, e vale in modo specialissimo per la Calabria, nessuno sarà più “nominato” parlamentare a/da Roma. Gli esponenti politici Pd da ora in avanti dovranno trovarsi i voti uno per uno se vorranno far carriera. Una condizione che fa cadere uno dei motivi che ha consentito a Renzi di conquistare molte simpatie tra la nomenclatura del Pd calabrese.

L’ipotesi del partito come comitato elettorale s’indebolisce, quindi, e torna in campo quella del partito radicato. In Calabria, dalla fine delle scorse regionali, il Pd non è riuscito ad essere né comitato elettorale né struttura radicata, ma solo la storia di un disastro. Un nodo che per tornare a vincere in Calabria, rottamate le vecchie nomenclature, bisognerà affrontare con energia.

Altrimenti il giorno di Renzi, per il popolo della sinistra in Calabria, diventerà un’altra cocente delusione.