L’ANALISI. Il Pd nella palude e il renzismo che non c’è – ALDO VARANO

L’ANALISI. Il Pd nella palude e il renzismo che non c’è – ALDO VARANO

rem      di ALDO VARANO - Nella Calabria politica impazza un interrogativo: chi ha vinto e chi ha perso alla riunione del parlamentino Pd che ha varato le primarie? Interrogativo fasullo, perché il summit dell’Agroalimentare è stato soprattutto inutile nel senso che s’è limitato a prendere atto delle regole statutarie del Pd che scattano a garanzia di tutti quando nel partito le frattureimpediscono il dispiegarsi una strategia politica in grado di creare unità convincendo la stragrande maggioranza.

Dietro questa inutilità si staglia il fallimento del renzismo calabrese che, nonostante lo straordinario contributo della performance nazionale di Renzi, ha infilato una serie disastrosa di errori.

L’errore iniziale è stato davvero imbarazzante. Il punto strategico di Magorno e dei renziani non è stato mai un progetto e una proposta di candidato capaci di convincere. L’obiettivo è stato, invece, far ritirare l’on. Oliverio dalle primarie e poi si vede. Oliverio avrebbe dovuto fare un passo indietro senza che nessuno garantisse, a lui o altri, che il suo ritiro avrebbe significato una scelta migliore, una svolta rinnovatrice, un progetto di maggior respiro del suo per la Calabria. Gli è stata rivolta una richiesta intrinsecamente arrogante come lo sono sempre quelle la cui logica è: togliti che metto un altro, naturalmente scelto da me.

Come possa essere stato consumato un errore così macroscopico da Magorno e da quello che passa come lo stato maggiore del renzismo resta però incomprensibile se non si tiene conto di cosa è veramente, sulla base dei fatti sotto gli occhi di tutti, il renzismo calabrese.

Ciò che appare è che quell’area (inizialmente molto ma molto minoritaria) non è cresciuta su un’ipotesi strategica, politica e culturale, ma è stata una scelta di collocazione ispirata dalla presa d’atto che Renzi è il nuovo dominus, e forse l’ultima speranza, del Pd (valutazione, quest’ultima, di alto realismo).

I renziani non hanno mai proposto un’alternativa a Oliverio, o almeno un nome, per il semplice motivo che non sono in grado di esprimereun unico candidato, come hanno fatto i cuperliani, esterno o interno al Pd.

In Calabria ci fu un momento in cui nel Psi, che allora era un partito importante, tutti furono craxiani (tranne Mancini, quello vero). C’erano i craxiani di Zavettieri, dei Gentile e dei Principe, di Olivo, di Dominijanni e Casalinuovo: ogni gruppo era prima di tutto interessato al proprio spazio in competizione con gli altri gruppi (andando indietro era accaduta la stessa cosa nella Dc fanfaniana).

Il renzismo fino ad ora è stato più l’espressione di questa tradizione (tutti, o quasi, bersaniani diventati rapidamente renziani) che non un’adesione alle ipotesi di Renzi, come del resto dimostra perfino la condizione anagrafica di parecchi dei suoi più qualificati esponenti. Una casamatta dove rifugiarsi per meglio proteggere e far crescere il proprio patrimonio di potere.

Paradossalmente i cuperliani, il cui impianto non si è dimostrato capace di vincere (qualità indispensabile in politica), hanno buon gioco quando sostengono che i renziani calabresi “proclamano ma non praticano il rinnovamento”. O quando li accusano di invocare un rinnovamento soltanto anagrafico (e, soprattutto, soltanto per gli altri) e non un rinnovamento che punti a trasformare la politica calabrese spezzando le antiche logiche trasversali praticate in Calabria, sostengono, e che spesso hanno impedito di distinguere tra maggioranza e opposizione. Che poi quell’area abbia in Calabria le carte in regola per brandire questo tema è altra questione.

Il plateale abbraccio di Guerini ad Oliverio, mentre Magorno si trasforma in una statua di sale, e il suo avvertimento che Roma non sosterrà alcun Papa nero, suggeriscono l’ipotesi che il Pd nazionale renziano si sia fatto un’idea su come stanno le cose e che non sia interessato a coprire i calabresi senza se e senza ma.

Per Magorno è una notizia bruttissima. Ma è anche l’apertura alla possibilità di un renzismo che anche in Calabria rivoluzioni la politica mettendo al centro il dramma di questa regione su cui fino ad ora la politica (per la verità non solo quella del Pd) non ha sprecato grandi energie.