di DARIO MUSOLINO - Michele Salvati, circa trentanni fa, in un mirabile articolo sul Mezzogiorno, la definì icasticamente la “scatola nera delle diseconomie esterne”. Si tratta di quella “scatola” che “contiene” tutti quei fattori esterni alle imprese, quei fattori critici di contesto (presenza della criminalità organizzata, scarsa accessibilità, inefficienza della pubblica amministrazione, ecc.) che incidono negativamente sulla produttività delle imprese meridionali.
Salvati trentanni fa ragionava soprattutto in un’ottica di sviluppo endogeno, ovvero aveva in mente le imprese nate nel Sud che, a causa di queste criticità, faticavano a crescere e ad essere competitive. O tutt’al più pensava a possibili rilocalizzazioni delle imprese in Italia. Ma probabilmente a quei tempi, quando i mercati globali non erano molto aperti e interconessi, e gli investimenti non si muovevano tra paesi con grande libertà, Salvati non aveva ancora in mente quale effetto potesse avere quella “scatola nera” sull’attrattività del Sud.
Oggi, con la globalizzazione e il libero movimento di capitali, è anche a quella “scatola nera” che dobbiamo guardare se vogliamo capire ancora più a fondo le ragioni della mancanza d’investimenti verso il Sud. E, in particolare verso la Calabria, regione che assomma più di altre determinate criticità.
Fa bene certamente Vittorio Daniele a sottolineare su questa testata, alcune settimane fa, il ruolo fondamentale della tassazione nell’orientare gli investimenti a livello internazionale. E quindi a usare questa leva per accrescere l’attrattività delle regioni meridionali. Ma è anche vero che, in contesti territoriali come quello calabrese, difficilmente le politiche di incentivazione fiscale possono dispiegare pienamente la loro efficacia se non vengono aggredite determinate “anomalie”, anche chiamate da alcuni studiosi “fattori inibitori”.
Nell’ambito di alcune ricerche sull’attrattività per gli investimenti delle regioni italiane che abbiamo recentemente condotto con il Certet-Bocconi e l’Università di Groninga, abbiamo fatto indagini sia presso le imprese, che presso diversi osservatori privilegiati. La questione della mancanza di adeguate politiche d’incentivazione è presente, rilevante, nelle valutazioni delle imprese, ma non è posta in cima alla lista dei fattori di svantaggio localizzativo per le regioni del Sud. I fattori più critici sono considerati la scarsa dotazione di infrastrutture e servizi di trasporto, la perifericità rispetto ai principali mercati e ai sistemi produttivi forti, e la presenza della mafia.
Consulenti, esperti di attrazione d’investimenti a livello internazionale ci hanno del resto confermato che queste “anomalie” non possono essere trascurate. Anzi, contribuiscono al consolidamento dell’immagine molto negativa, del pregiudizio che insiste sul meridione, e sulla sua capacità di creare le condizioni per favorire lo sviluppo. Come ha testualmente detto uno degli intervistati, relativamente alle conseguenze della presenza della criminalità organizzata: “il principale problema che viene in mente quando si pensa al Mezzogiorno è la questione della sicurezza dei beni e delle persone, e questo per le aziende vale … è difficile pensare di fare investimenti, in particolare investimenti ad alta intensità di capitale, in aree in cui la sicurezza non è garantita …”.
Determinate misure d’incentivazione fiscale rappresentano uno straordinaria novità e un grande potenziale per la Calabria, e vanno finalizzate e implementate al più presto. Ma attenzione a non considerarle in modo esclusivo, come l’unica soluzione, e a dimenticare il contenuto di quella “scatola nera”. Senza fare azioni complementari, di accompagnamento, in fatto di messa in sicurezza, potenziamento di infrastrutture e servizi di trasporto e logistici, efficientamento del quadro amministrativo e burocratico che serve alla realizzazione degli investimenti (e professionalizzazione del personale competente), tutte quelle misure rischiano di partire azzoppate e di non sortire in pieno gli effetti desiderati.