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Molti ragazzi che si identificano in questo mondo adorano i manga, li leggono, li disegnano, si travestono, diventando anche dei cos player.

Stavano seduti ai primi banchi. Erano sempre preparati ed eseguivano i compiti quotidianamente, anche con la febbre. I più simpatici ti passavano il compito e ti aiutavano al telefono il pomeriggio prima dell’interrogazione. Quelli antipatici, mettevano il braccio tra il foglio del compito e il tuo sguardo, per non farti copiare, i bastardi. E avevano un abbigliamento decisamente ordinato e ordinariamente fuori moda. Non avevano mai tempo libero, non andavano in palestra, alcuni più sensibili suonavano il pianoforte, ma generalmente la loro vita era studiare; a memoria, parafrasando, sintetizzando, ricercando. Studiare, studiare, per avere voti altissimi.

Li chiamavamo “secchioni”. In reggino, “chiumbini”.

Stanno seduti agli ultimi banchi, o penultimi, in modo da essere notati il meno possibile. Sono sempre preparati, fanno poche, pochissime domande sempre pertinenti, sono simpatici e generosi e, se interpellati, aiutano i compagni ad eseguire un compito, senza “passarlo”, tendenzialmente. Portano cappellini di lana pigiati in testa, felpe di due taglie più grandi e jeans stretti, a volte strappati, scarpe da ginnastica comodissime e parka verdi. Passano il tempo libero con i videogiochi, nei quali sono abilissimi, adorano i computer e tutto ciò che gira intorno alla tecnologia, sono ragazzi molto intelligenti, che hanno voti altissimi a scuola, ma che socializzano prevalentemente soltanto tra di loro.

Sono i Nerd, l’evoluzione dei secchioni.

Devo ammettere che quando ho cominciato a sentire questo termine ho pensato, erroneamente come molti altri, che fosse una specie di insulto, un’offesa per quei ragazzi un po’ indietro rispetto agli altri e imbambolati davanti al pc. Ma i miei allievi, che hanno sempre qualcosa da insegnarmi,  mi hanno fatto ricredere in poco tempo. Ho cominciato ad osservarli infagottati nelle loro maxifelpe, ho intravisto gli sguardi curiosi dietro gli occhiali e le visiere dei cappellini, ho cominciato a punzecchiarli scoprendo le loro passioni e i loro studi. E ho conosciuto i Nerd.

La parola NERD ha origini controverse. Pare provenga dal nome di un animale immaginario di un libro del Dr. Seuss, If I ran the zoo, del 1950. Ma potrebbe anche essere una versione di Mortimer Snerd, un pupazzo ventriloquo, o l’acronimo di Northern Electric Research and Development , azienda i cui impiegati portavano la scritta N.E.R.D. stampata sopra i loro pocket protector (è un astuccio che ha il compito di proteggere le camicie dalle macchie di inchiostro, divenuto poi uno dei simboli del mondo nerd)

Aldilà delle origini, il termine ha sorpassato l’identità di etichetta ed è diventato un simbolo, emblematico di virtù, non certo di mancanze. Molti ragazzi che si identificano in questo mondo adorano i manga, li leggono, li disegnano, si travestono, diventando anche dei cos player. Così, il mondo nero-grigio dei nerd si interseca con i colori dei manga. Parrucche gialle, scarpe rosse esagerate, vestiti stravaganti confezionati in casa da loro stessi.

“Insomma, voi siete nerd” ho detto un giorno a quei tre seduti all’ultimo banco, uno accanto all’altro, due ragazze e un ragazzo con i jeans strappati, le felpe taglia XL, i migliori della classe, in matematica.

“Si prof, può dirlo forte!”