I grandi autori e la complessa forma della poesia. Strumenti imprenscindibili di insegnamento. Foto di Claudia Spanò
Come molti, sono solito aprire più libri contemporaneamente, tenendoli sul comodino, leggendo a letto e perfino in bagno. Qualche mattina fa, appena alzato, decido di recarmi in bagno appunto con un libro. Acchiappo dunque al volo il primo volume che mi capita da uno degli scaffali nel corridoio. Si tratta di Sulla Poesia, una raccolta di saggi, recensioni etc. di Eugenio Montale. Cercando a caso, mi cade l’occhio su: “Canti barocchi e altre liriche” di Lucio Piccolo. La storia è questa: nel '54 Montale riceve in un plico, da un poeta siciliano a lui ignoto, una stampa privata delle sue liriche. Decide (anche lui) di sfogliarlo distrattamente e s’accorge di contemplare l’opera di un poeta degno di nota, che in seguito presenterà a un convegno. Insomma: 2 anni dopo Piccolo pubblica il primo dei suoi 3 volumi (morirà a 68 anni).
A parte la storia di questo poeta minore, ciò che mi ha colpito durante la lettura, oltre alla fortuita e imprevista somiglianza della sua estemporaneità con quella montaliana, sono due importanti concetti di natura critica che il poeta genovese ci offre. Il primo è che, ritrovando nei versi di Piccolo qualcosa che gli rammentava D’Annunzio, egli scrive: “D’Annunzio nella recente tradizione italiana è un poco come Hugo nella sua posterità francese […]: è presente in tutti perché ha sperimentato o sfiorato tutte le possibilità stilistiche e prosodiche del nostro tempo. In questo senso non aver appreso nulla da lui sarebbe un pessimo segno”.
Il secondo è questo: “Sono convinto che raramente la comprensione della poesia può essere fulminea. Difficile è far andare d’accordo il senso letterale e il senso musicale d’una lirica. I due sensi possono presentare diversi gradi d’incompatibilità. Può essere evidente il significato razionale; e segreta, riposta, quasi inafferrabile la musica verbale: o può accadere il contrario. D’altra parte, una lirica non può esser fatta soltanto di musica; essa chiede di rivelare un senso che una semplice armonia di parole inintelligibili non può darle”.
Direi, per concludere, che imparare dai grandi autori e considerare la natura complessa della poesia siano gli strumenti dei quali deve imprescindibilmente servirsi sia chi ama leggere sia chi desidera scrivere.