L'idea di aggiungere un posto a tavola dunque si amplia e si fa business e ad ingrandirsi è anche l'offerta turistica
Siete anche voi dei cuochi provetti, dei fan di Masterchef che usano amici e parenti per testare la loro ultima creazione culinaria o dei food blogger a cui postare filtratissime foto di piatti gourmet su Instagram non basta più? Allora potreste pensare, sempre che non lo abbiate già fatto, di aprire un home restaurant. Il concept di base è semplice, innovativo e da anni ha preso piede negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, anche se i cubani diranno che i paladar (così si chiamano gli home restaurant a L’Avana) li hanno inventati loro: si tratta di aprire la propria sala da pranzo a ospiti che non conoscete e a cui farete da personal chef per un pranzo o una cena.
L’idea di aggiungere un posto a tavola dunque si amplia e si fa business e ad ingrandirsi è anche l’offerta turistica. Chi crede che le attività di home restaurant possano costituire un ostacolo, in qualità di concorrenti, del settore ristorativo, dovrebbe conoscere i limiti, forse eccessivamente restrittivi, a sentire l’Antitrust, a cui l’attività dei ristoratori domestici è sottoposta: un tetto di 500 coperti annui e un fatturato massimo di 5000€ all’anno (configurandosi così come esercizio occasionale).
L’home restaurant insomma è una valida alternativa per gourmet annoiati e turisti a caccia dei veri sapori del territorio, come spiega Gaetano Campolo, giovane imprenditore che, per la regolamentazione di un settore che presenta ad oggi una vacatio legis, ha intrapreso una vera e propria battaglia, coadiuvato dall’avvocato Giorgio Taormina che si è impegnato a redigere un vademecum sull’argomento. Il social eating quindi si configurerebbe come strumento per valorizzare la cucina locale, ma anche per ridurre i significativi dati sulla disoccupazione, soprattutto giovanile, nel nostro paese.
Per aprire le proprie cucine ai fortunati avventori non è indispensabile essere chef professionisti, ma è necessario aver frequentato un corso per la somministrazione di alimenti e attenersi al protocollo di Haccp (non vorrete mica far star male i vostri favolosi ospiti, vero?). Basterà quindi presentare la Scia, la segnalazione di inizio attività, fare la spesa e mettervi ai fornelli, i vostri avventori potranno trovarvi tramite le piattaforme online sulle quali promuoverete i vostri servizi. E se avete ancora qualche titubanza, sappiate che non mancano certo i siti che forniscono guide su come avviare questo tipo di attività e che cercano di orientarvi nella fitta nebbia normativa che per adesso la regolamenta. Una nota bizzarra presente nel testo di legge approvato l’anno scorso dalla camera è l’incompatibilità dell’home restaurant con l’attività di bed and breakfast, del quale dovrebbe invece essere naturale e logico completamento, come lo è in Francia l’attività di Table d’hote che può essere offerta come servizio aggiuntivo dalle Maison d’hote (i b&b d’oltralpe). Solo una struttura del genere potrebbe davvero proporre un’offerta completa ed innovativa ai turisti, facendogli provare un’esperienza totalizzante del nostro calore e della nota ospitalità di noi meridionali.0
Gli chef domestici dovranno farvi assaggiare piatti belli, sicuri e soprattutto darvi la ricevuta alla fine dell’indimenticabile convito che vi avranno certamente proposto e chissà che, alla fine, non nasca qualche bella amicizia e a prepararvi la prossima cena non sia il vostro ultimo ospite.
L’home restaurant è un’idea divertente, conviviale, vincente: consente di guadagnare qualche soldino mentre ci si diletta ai fornelli e far felice qualcuno solleticando le sue papille gustative.
Io quasi quasi ci provo, così i prossimi piatti, invece di raccontarveli soltanto, ve li faccio anche assaggiare.