di CONSOLATO MINNITI* - Completato da 489 giorni. Collaudato e consegnato, ma mai entrato in funzione. È uno scandalo tutto calabrese quello del "Centro cuore" di Reggio Calabria. Una storia che scuote le coscienze ed interroga fortemente la politica. Perché d'infarto, in riva allo Stretto, si continua a morire. Troppo spesso. Perché in caso di sindrome coronarica acuta c'è solo una speranza: attendere che un elicottero porti il paziente a Catanzaro. Ma sovente, i tempi di trasporto non collimano con quelli richiesti per l'intervento. Ed allora bisogna solo sperare che il cuore regga e che gli ottimi professionisti presenti negli ospedali "Riuniti" di Reggio Calabria possano fare qualcosa per tamponare l'emergenza con i pochi mezzi a disposizione. Mentre al secondo piano della struttura di via Cardinale Portanova, giace, ancora sigillato, un gioiello della tecnologia biomedica. Un fiore all'occhiello non solo italiano, ma europeo.
Viaggio nella cardiochirurgia
L'appalto per la realizzazione del complesso è stato vinto dalla ditta EdilMinniti per un importo di poco più di 13 milioni di euro. I lavori sono stati regolarmente terminati alla scadenza dei 480 giorni dalla consegna degli stessi. E già questa è cosa rara in Calabria. Si badi, non si è trattato di una mera realizzazione degli interni. La EdilMinniti ha presentato all'azienda ospedaliera reggina un blocco "chiavi in mano". In sostanza: metteteci dentro i medici competenti e spingendo un bottone il Centro cuore inizierà a funzionare.
Abbiamo detto che si tratta di un polo d'eccellenza. Scopriamo perché. Innanzitutto vi sono due sale operatore che costituiscono il muovo blocco operatorio di Cardiochirurgia. Una delle due è ibrida ed è caratterizzata da un macchinario imponente che permette al cardiochirurgo di poter effettuare procedure di imaging cardiovascolare ed interventistico, visualizzando chiaramente anche i vasi più piccoli, posizionando in modo preciso gli stent, eseguendo con successo anche le procedure più critiche.
Due sale sono dotate delle macchine cuore-polmone di una nota casa produttrice di livello mondiale. Esistono anche dei sistemi d'anestesia all'avanguardia. Finita qui? Nemmeno a parlarne. A servizio di queste due sale, vi sono quattro postazioni d'anestesia/risveglio e un’importantissima sala di terapia intensiva costituita da 9 posti letto più un posto letto destinato a pazienti infetti e la cui zona è stata addirittura predisposta per essere utilizzata in un prossimo futuro quale sala peri i trapianto di cuore.
E’ inutile in questo contesto entrare troppo nei dettagli tecnici, ma basta sapere che la terapia intensiva è dotata sostanzialmente di tutte le tecnologie biomediche immaginabili. Qualcuno nei corridoi dei "Riuniti" si è lasciato sfuggire un commento qualificato: «Se un luminare americano volesse operare dagli Usa, con questa tecnologia, potrebbe farlo anche a distanza». Non serve aggiungere altro.
Dalla terapia intensiva si passa al blocco degenza con ben 10 posti letto. Di più: c'è anche una sala riunioni multimediale, in grado di accogliere circa 50 persone. Da qui è possibile assistere, grazie ad un particolare sistema di visione d'immagini a distanza, all'attività chirurgica che viene svolta in "real time" nelle sale operatorie.
E’ stata ampliata poi anche la zona U.ti.c., già presente in ospedale, andando a realizzare due sale di emodinamica ed una di elettrofisiologia. Anche qui vi è una zona di preparazione pazienti, dotata di 4 postazioni con tecnologie d'avanguardia. Non manca neppure la zona direzionale, con tanto di segreterie ed ufficio del primario. Il tutto – e si tratta di un caso unico in Europa - sullo stesso piano ospedaliero.
Lo scandalo regionale e la beffa
E la politica che fa dinanzi a cotanta eccellenza? Dorme. E quando non dorme ignora. Anzi, peggio: si scontra. Perché la terza cardiochirurgia della regione (dopo le due di Catanzaro) fu voluta nel 2005 dalla giunta Loiero a seguito dell'iniziativa di tre consiglieri regionali (Borrello, De Gaetane Naccari). Sotto la gestione Pangallo si arrivò a creare un vero e proprio centro cuore, con l'ambizione di diventare un polo d'eccellenza in grado - udite, udite - di servire tutto il bacino del Mediterraneo, Nord-Africa compreso. La struttura, che si estende su 3000 metri quadrati di superficie, è in grado, infatti, di ospitare fino a 1200-1400 casi annui d'interventi cardiaci.
All'epoca ci furono appelli trasversali: dal senatore Meduri, a Michelangelo Tripodi, fino ad Alberto Sarra ed al noto cardiologo reggino Romeo. Dopo una lunga diatriba amministrativa ecco la luce verde: il centro cuore si può fare. E si è fatto. Peccato che adesso giaccia, incartato come un gioiello di famiglia da non scalfire.
E c'è pure la beffa: quel polo d'eccellenza costa alla sanità calabrese 100mila euro di leasing al mese. Per tenerlo chiuso ed inoperoso. Mentre i macchinari d'avanguardia mondiale rischiano di diventare vecchi senza essere mai stati utilizzati.
Ci pensino bene i nostri amministratori: l'infarto non ha colore politico. Colpisce tutti. Indistintamente. E sappiano i politici, che la responsabilità delle morti per infarto a Reggio Calabria e dintorni, per cause imputabili alla mancanza di una cardiochirurgia degna di tal nome, grava sulle loro coscienze. Giochino pure, se riescono, su viaggi e gratta e vinci. Ma sulla vita dei calabresi no, non glielo consentiremo.
*Giornalista di CalabriaOra