A metà marzo di ogni anno si entrava nella logica aristotelica. Andavo alla lavagna e scrivevo: 1) Tutti gli uomini sono mortali; 2) Socrate è uomo; 3) Socrate è mortale.
Spiegavo che la n. 1 è una proposizione universale affermativa, o premessa maggiore; che la numero 2 è una proposizione particolare affermativa, o premessa minore e che la numero 3 è la conclusione, ricavata necessariamente dalle prime due.
Bepi Slandron, veneto capitato a Tivoli al seguito del padre che era carabiniere di guardia ad una alta istituzione dello stato e che poca filosofia intendeva masticare, me ne propose un altro di sillogismo: 1) I calabresi sono tutti delinquenti 2) Tripodi è calabrese; 3) Tripodi è delinquente.
Faticai non poco a spiegarli, anzi a spiegarlo a gli altri perché lui l'aveva capita benissimo, che la differenza nasceva dalla proposizione n. 1, che in Aristotele veniva ricavata dall'esperienza mediante induzione (tutti gli uomini erano stati fino ad allora mortali) mentre Slandron che tutti i calabresi fossero delinquenti lo ricavava non dall'esperienza (infatti oltre che qualche suo compagno di classe non ne conosceva altri) ma dalle cronache dei giornali che, notoriamente, si occupano soprattutto delle eccezioni.
Alloro Bepi cambiava discorso: «Prima o poi- proclamava – noi, ex lombardo-veneti facenti parte dell'Imperial-Regio Governo, conquisteremo l'Italia e io sarò il proconsole di Calabria. E allora si che i calabresi dovranno lavorare!»
E qui avevo buon gioco io a dirgli che uno come lui, che si faceva interrogare una sola volta a quadrimestre in ogni materia, non avrebbe potuto insegnare agli altri, e meno che mai a calabresi, come si lavora.
Da allora sono passati una quarantina d'anni e, improvvisamente, è successo qualcosa che mi ha messo in crisi rispetto alle certezze che allora nutrivo.
Per spiegare le ragioni delle mie conclusioni è necessario sapere alcune altre cose su Slandron: 1) lui ha studiato giurisprudenza e, galleggiando come aveva fatto al liceo, si è laureato nei termini; 2) un suo compagno, che era meridionale e che si chiamava Mico Dulìa, si è iscritto a giurisprudenza e, studiando come un folle come aveva fatto al liceo, si è laureato con lode; 3) Dulia e Slandron hanno fatto il concorso in magistratura ma il primo l'ha vinto e il secondo no; 4) Slandron ha fatto la pratica forense e, per quattro o cinque anni e in attesa di superare l'esame di avvocato, quando mi incontrava gridava contro la corporazione degli avvocati che lo faceva penare tanto; 5) Slandron alla terza o alla quarta prova per l'accesso all'avvocatura è stato promosso e, dal mese successivo, ogni volta che mi incontra mi dice che gli avvocati sono troppi e che occorrerebbe rendere più selettivo l'accesso alla professione; 6) Slandron fa l'avvocato penalista, con discreto successo; grida contro i magistrati che non sono garantisti (tra i quali include, in primis, Micu Dulìa, che adesso è magistrato giudicante in Corte d'Appello e comunista non pentito); conosce molti più calabresi di quanto ne conosca io, vota per la Lega dopo aver votato per partiti dichiaratamente fascisti e quando mi incontra dice che la profezia che mi aveva fatto al liceo si è avverata: 7) infatti la Calabria è governata da un esponente della Lega, certo Spirlì, e Salvini è andato al mio paese, a Condofuri nella Calabria Jonica meridionale, dove è stato accolto dal Sindaco, fascio-leghista come lui.
Devo dire che, da quando la Lega prende voti assai nel Mezzogiorno d'Italia, vedo Slandron con disagio; la scorsa settimana mi è capitato tra i piedi e mi ha invitato ad andare a Roma per partecipare ad una iniziativa dell'Unione delle Camere Penali che patrocinava la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti.
Avrebbe partecipato, come poi ha effettivamente fatto, anche Salvini e persino esponenti di Fratelli d'Italia. Ho preso a male parole lui e ho anche inveito contro l'Unione delle Camere Penali Italiane che avevo in grande stima ma che, da quando è presieduta dal un pannelliano avvocato Gian Domenico Cajazza, ha operato una svolta negli suoi indirizzi portandola in un'aporia senza fine.
Da una parte l'associazione parla a destra e a manca di tutela dei diritti dei detenuti e dei condannati e dall'altra interloquisce in modo privilegiato con soggetti come Salvini o come i partiti dichiaratamente fascisti cui dei detenuti nulla interessa; anzi, un giorno si e l'altro pure, vanno ripetendo, leghisti e fascisti, quello che è diventato un refrain della piccola borghesia italiana; bisogna eliminare ogni premialità ed ogni percorso alternativo al carcere e, dopo la condanna, anche per fatti non gravi, bisogna buttare la chiave e fare marcire i detenuti nelle carceri; alla faccia di qualsiasi ipotesi di reinserimento post pena previsto a chiare lettere dalla Costituzione della repubblica italiana.
Manco dopo una settimana dall'incontro tra Salvini e Cajazza è scoppiato il caso Santa Maria Capua Vetere.
Ebbene il Cinghialone e la Meloni, che due giorni prima solidarizzava con le Camere Penali per la riforma delle carriere dei magistrati, con chi starà direte voi?
Coi detenuti che sono stati flagellati dagli uomini in divisa e con i picchiatori.
Ma sta con i picchiatori, e con chi sennò?
E l'Unione delle Camere Penali. Con chi sta?
L'UCPI cerchiobotteggia; da una parte denuncia il sistema giudiziario che va riformato e dall'altra se la prende con chi ha diffuso le immagini di quello schifo alla Pinochet … perché … Quelle immagini pregiudicano un giudizio sereno nei confronti degli indagati, e i processi si fanno nei tribunali non sulle pagine dei giornali!
Ma faciteme u piaceri! Jti e ghiettativi a mari cu tutti i robi!
*Scrittore, già prof di filosofia nei licei e (dopo) avvocato.