L'INTERVENTO. Calabria, l’'università e il vizio antico (e pericoloso) del campanilismo

L'INTERVENTO. Calabria, l’'università e il vizio antico (e pericoloso) del campanilismo
Io ne conosco decine e decine di ragazze e di ragazzi di Catanzaro, Cosenza, Locri. E ancora: di Isca sullo Jonio, di Mormanno, di Limbadi, di Caraffa del Bianco, di Cotronei e via discorrendo che si sono laureati all’ Universita’ della Calabria in Ingegneria, in matematica, in fisica, in chimica, in lettere, in storia e hanno cambiato le sorti loro e delle loro famiglie. Ne conosco decine che oggi lavorano in prestigiose aziende o istituti di ricerca delle principali citta’ europee e che occupano anzi postazioni di prestigio in grandi multinazionali. E lo stesso vale per ragazze e ragazzi che hanno studiato e si sono laureati a Catanzaro e Reggio Calabria, in Legge Medicina Agraria Architettura.

Solo l’Unical ha laureato più di centomila giovani calabresi, realizzando così quello che era il sogno dei padri fondatori: diventare cioe’ una fucina della classe dirigente. Per gran parte di quei 100 mila non sarebbe stato possibile arrivare alla laurea visto che fuori dalla nostra regione non erano in grado le loro
famiglie di sostenere i costi di 5 e piu’ anni di studi. Sono invece arrivati al traguardo finale ragazze e ragazzi di famiglie poverissime dei paesi piu’ sperduti e lontani di tutta (rpt TUTTA) la Calabria, che in questi 50 anni hanno avuto la possibilita’ di farlo e poi di diventare qualcuno, non solo di trovare un lavoro. Nel solo 2022 l’Unical ha già vinto bandi per più di 100 milioni di risorse del Pnrr. Si tratta di una grande opportunità e tra gli obiettivi strategici anche quello di garantire la copertura del cento per cento delle borse di studio.

Ovviamente ci sono anche ombre e non solo luci in questi 50 anni di storia di Arcavacata, che il mai dimenticato rettore Beniamino Andreatta – sostenuto dai politici lungimiranti dell’epoca come Giacomo Mancini, Francesco Principe, Riccardo Misasi - volle in quel modo, con un centro residenziale e un Campus stile Stati Uniti d’America per sprovincializzare una societa’ ferma e abulica come quella  calabrese.  E soprattutto tentare di unificarla.

Ma quello che piu’ colpisce in queste settimane e’ che questa scommessa vinta dall’Unical (forse l’ unica cosa realmente positiva assieme al porto di Gioia Tauro negli ultimi 50 anni di vita calabrese) si accoppi da un lato a polemiche incomprensibili sul suo specifico ruolo e dall’altro – cosa piu’ grave – ad una polemica da strapaese (non uso il termine pollaio che rende meglio in verita’ ma che ha urtato tempo fa la sensibilita’ di taluni dotti politici) che sta agitando parte del mondo politico (e non solo) sulle istituzioni di nuove facolta’ (si chiamano corsi di laurea in realta’) nelle tre universita’ calabresi, con toni da guerra municipalistica che ricordano ben altri periodi bui della nostra recente storia e che sono privi di qualsiasi visione d’assieme su come – ad esempio - debba essere il sistema universitario regionale e a quali sfide debba rispondere, se non la richiesta di altri corsi di laurea per compensazione come se fossimo ad un mercato.

Si e’ addirittura arrivati tre mesi fa a portare una bara in piazza a Catanzaro Lido in una manifestazione in cui primeggiavano i dirigenti del PD catanzarese e due giorni fa nell’aula del Municipio di Catanzaro un’affollata assemblea convocata dallo stesso Comune con un manifesto in cui testualmente si leggeva ‘’Non resteremo con le mani in mano’’. Roba da Piero Battaglia, sindaco di Reggio Calabria, anno 1970!
Poi – giusto per ricordare un po’ di storia recente – dopo quella chiamata successe quello che tutti sappiamo.

Ancora una volta prevale, dunque, in questa nostra terra piccola ma martoriata il pennacchio e il campanile, agitando il vessillo facile facile della difesa della citta’. Ma questa non e’ classe dirigente, e’ una classe buona per addomesticare un momento, una rabbia, un desiderio di rivincita ma non per costruire il futuro e nemmeno per difendere la citta’ di cui ci si riempie la bocca con toni da ultras di calcio, con tutto il rispetto che si deve a questi ultimi.

La si smetta con la sindrome del ‘Calimero piccolo e nero’ e dell’assedio! Catanzaro e i catanzaresi sono nel cuore di tutti i calabresi e non hanno bisogno di alcuna rivalita’! Per fortuna ci sono in queste ore politici che stanno cercando di fare ragionare con toni piu’ moderati, tra cui il presidente del Consiglio Regionale Filippo Mancuso, catanzarese doc, nato, cresciuto ed eletto nel capoluogo.

Ora: forse tra quei 100 mila giovani calabresi laureatisi in questi 50 anni all’ Unical (a proposito: si chiama Universita’ della Calabria e non Universita’ di Cosenza come sbrigativamente e malevolmente taluni insistono a chiamarla) ci sara’ anche qualcuno (anzi: c’e’ di sicuro) degli agitatori di oggi della guerra delle Universita’. Ma e’ evidente che costoro non hanno appreso la lezione di quello che ha significato questo ateneo e soprattutto la cosa piu’ bella di tutte che ha creato: tenere cioe’ assieme, fare crescere, studiare, dormire, mangiare sempre tutti assieme e magari lavorare, ragazze e ragazzi di Reggio e Vibo, di Catanzaro e di Cosenza, di Crotone e Castrovillari. Tutti assieme, nelle maisonettes del Campus o nelle stesse case di Arcavacata, Rende, Quattromiglia etc etc. E lo hanno fatto senza pennacchi o campanili, senza rivalse o altro, continuando magari lo stesso a tifare chi per il Catanzaro e chi per il Cosenza. Ma oggi non c’e’ un derby di pallone alle porte (tra l’altro – sia detto per inciso – assolutamente improponibile con un Catanzaro spettacolare primo in classifica e un Cosenza meschino ultimo in
graduatoria).

Quei ragazzi – questa e’ la verita’ - erano e sono migliori quindi dei loro dirigenti di oggi. Per fortuna nostra, visto che quei dirigenti sono addirittura arrivati ora alla guerra nei tribunali amministrativi. Poveri noi!