LA CALABRIA IN CARCERE. E POI?

LA CALABRIA IN CARCERE. E POI?

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Nel cuore dell’estate hanno arrestato un (altro) mio vicino di casa. Lo conoscevo da quando aveva tre anni ed io poco più di dieci. Rapporti di vicinato: Buongiorno, buonasera. Fa caldo, fa freddo. La salute. La Reggina. Avete qualche foglia di prezzemolo? Un dolore saperlo in carcere in attesa del processo, soprattutto in questi giorni in cui l’odore di crespelle dalla sua si diffondeva alla mia casa.

Non è stato il primo e neppure l’ultimo degli arrestati nel mio rione. Ce ne sono stati tanti, negli anni, come anche nel mio quartiere e nella mia città.

Quasi tutti – sia quelli a me del tutto sconosciuti, che quelli che conoscevo, o di nome o per averli incontrati per strada qualche volta – per reati direttamente o indirettamente di stampo ‘ndranghetista.

Molti, prima chiacchierati e poi condannati: indubitabilmente colpevoli. Di alcuni, dopo la prima notizia dell’arresto, non ho saputo più nulla. Non so se fossero colpevoli, se fosse stata indispensabile la carcerazione prima del processo.

Non ho nessun dubbio sul fatto che la ‘ndrangheta vada combattuta e vinta: senza se e senza ma. E, con essa, che vadano combattuti senza remore corruzione, illeciti e malaffare d’ogni genere. Che vada spezzato quell'intrigo di piccole e grandi illegalità che ci pesa addosso.

Quello che mi lascia perplessa è che tanti arresti non sembra abbiano, nel tempo, migliorato la vita del rione, del quartiere, della città.

Mi farebbe piacere che mi si mostrasse il contrario. Ma, se la mia non fosse una percezione sbagliata, perché, con tanti calabresi in carcere, la Calabria (almeno la mia parte di Calabria) non sembra stare meglio?