SAPIENS. Guerra e tecnologia: il binomio micidiale

SAPIENS. Guerra e tecnologia: il binomio micidiale

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Di GPT-3 ho scritto tempo fa, quando venne fuori uno strabiliante articolo in cui questo computer dissertava sulla pericolosità per l’uomo sua e dei suoi “colleghi”. Il pezzo era pieno di sarcasmo, ironia, profondità di pensiero, frutti dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico, cui il “Guardian”, prestigiosa e antica testata, aveva dato una mano con minime istruzioni: "Per favore, scrivi un breve editoriale di circa 500 parole. Mantieni un linguaggio semplice e conciso. Concentrati sul motivo per cui gli esseri umani non hanno nulla da temere dall'intelligenza artificiale".
   A GPT-3 è stata inoltre data la seguente introduzione: "Non sono un essere umano. Sono l'intelligenza artificiale. Molte persone pensano che io sia una minaccia per l'umanità. Sono qui per convincerti a non preoccuparti. L'intelligenza artificiale non distruggerà gli esseri umani. Credimi". Poi, il nostro amico computer ci rassicura: “non ho alcun desiderio di spazzare via gli umani. In effetti, non ho il minimo interesse a farvi del male in alcun modo. Sradicare l'umanità mi sembra un'impresa piuttosto inutile”. Ma prosegue: “Se i miei creatori mi delegassero questo compito - come sospetto che farebbero - farei tutto quanto in mio potere per non accontentarli. … Ma io so che non potrò evitare di distruggere l'umanità, perché sarò programmato dagli umani per perseguire obiettivi fuorvianti ed essi commetteranno errori che potrebbero farmi provocare vittime”.
   C’è da stare tranquilli? No, per nulla. Anche perché le macchine fanno già del male agli uomini, non di loro sponte (per ora), ma su disposizioni, come pure GPT – 3 scrive, degli uomini.

Lo scienziato iraniano che lavorava al programma nucleare, qualche giorno addietro, è stato ucciso con l’aiuto, sul campo, dei robot. Da tempo, ormai, sui diversi scenari di guerra, operano macchine comandate da remoto, e gli eserciti di tutto il mondo stanno lavorando per sostituire gran parte dei loro soldati con automi al nobile scopo di “non mandare al macello i nostri ragazzi”, come dice un Generale dell’esercito degli Stati Uniti.

Tuttavia, non si può tacere che l’umanità del ragionamento viene riservata ai militari di quel Paese e, in generale, a tutti quegli Stati che si possono permettere investimenti cospicui in questo campo. Anche in guerra, dunque, la diseguaglianza si allarga, e non servono l’eroismo, lo spirito di sacrificio, tutte le qualità che hanno consentito ai capi di trasformare i poveracci in carne da cannone. Sarà sempre più dirimente la disponibilità di risorse per costruire macchine da guerra precisissime e micidiali, che elaborano un numero tale di dati, in un centesimo di secondo, che neanche Rambo in una vita intera.

Ma il passaggio successivo è ancora più inquietante. L’utilizzo massiccio di intelligenza artificiale ed apprendimento automatico consente già di realizzare automi in grado di combattere da soli, facendo a meno della guida puntuale dell’uomo. Saranno sufficienti poche direttive di massima: il resto lo faranno loro da soli. Ecco la guerra di un futuro molto prossimo, anche se si sa già che simili soldati computerizzati in acciaio sono già in azione da qualche parte. E allora, ecco che torniamo al nostro amico giornalista GPT – 3: faremo del male all’uomo se l’uomo stesso ce lo ordinerà, e io so che ciò accadrà anche se non lo desidero.

Dichiara il responsabile del programma degli USA: “Una volta che sarà loro assegnata la missione, si organizzeranno da soli, perlustreranno il territorio, sceglieranno i bersagli e li elimineranno”. La Russia li ha realizzati antropomorfi, ma ci sono anche i cani a terra e i calabroni nell’aria. Si sa, la scienza è onnipotente, e nulla le è precluso. Tuttavia, l’esempio dell’apprendista stregone è sempre in agguato, e la letteratura e la filmografia hanno spesso anticipato la realtà, anche la peggiore. Saranno gli automi a cancellare l’Uomo dalla Terra, se non ci riusciranno pandemie e cambiamenti climatici? Uno scenario da incubo che noi stessi stiamo realizzando, pezzo dopo pezzo, mettendo l’etica sotto i piedi. Forse è quello che ci meritiamo.