SAPIENS. L'accesso a internet tra Costituzione e leggi ordinarie

SAPIENS. L'accesso a internet tra Costituzione e leggi ordinarie

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Nell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), elaborato dalla UE allo scopo di monitorare la competitività digitale degli Stati membri,  nel 2020 l’Italia retrocede dal 23° posto (nel 2019) al 25°. Tra gli elementi di maggiore debolezza strutturale del Paese, l’uso dei servizi internet. Ciò nonostante già nel 2010, all’Internet government forum di Roma, Stefano Rodotà avesse presentato una proposta per inserire nella Costituzione l’art. 21 bis: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”. La proposta fu discussa in Commissione, e dopo il nulla fino a pochi giorni fa, quando il progetto è stato ripreso da parlamentari del PD e dei 5 Stelle.

A smuovere le acque è stato Romano Prodi, latore di un appello lanciato all’UE per un accesso alla rete aperto a tutti. In risposta a Prodi, l’impegno di David Sassoli: “Mai come in questi mesi di lockdown migliaia di persone in Europa e nel mondo hanno dovuto lavorare, studiare, acquistare cibo, comunicare con le persone care utilizzando una connessione Internet… l’impossibilità di accesso alla rete, si è rivelata un pesante elemento di marginalizzazione. Il Covid19 ha reso palese qualcosa di già evidente: la digitalizzazione non aspetta”.

Ora che si parla dell’importanza fondamentale dell’accesso a internet, tanto da tentare di elevarlo a diritto di rango costituzionale, sarebbe il caso di porre mano alla legislazione ordinaria, fino a tempi recenti titubante e timida sull’argomento. Già nel ’96 l’UE affronta, in un’ottica di garanzia di carattere sociale, il problema della fornitura del Servizio universale, disponendo che gli Stati membri facciano sì che “siano soddisfatte da almeno un operatore tutte le richieste ragionevoli di collegamento alla rete telefonica pubblica fissa”. Il Codice per le comunicazioni elettroniche nazionale ha poi recepito le direttive europee in materia, sancendo un obbligo di fornitura di servizi su tutto il territorio nazionale e per tutti gli utenti finali “ad un livello qualitativo stabilito” e “a prescindere dall’ubicazione geografica”, specificando che l’accesso alla rete telefonica da qualsiasi postazione fissa “deve essere tale da consentire un efficace accesso ad internet”.

Ma la UE in questo campo non si è fermata. Nel 2018 è stata licenziata la direttiva n. 1972, contenente il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, che deve essere recepita dagli Stati membri entro il 21 dicembre prossimo. Il Codice europeo prevede che “le autorità nazionali di regolamentazione e le altre autorità competenti, nonché il BEREC, la Commissione e gli Stati membri perseguono ciascuno dei seguenti obiettivi generali…:  a) promuovere la connettività e l’accesso alle reti ad altissima capacità — comprese le reti fisse, mobili e senza fili — e il loro utilizzo da parte di tutti i cittadini e le imprese dell’Unione”. Inoltre, vengono fissati gli obblighi di servizio universale, cioè quello da garantire ai cittadini su tutto il territorio nazionale: “Gli Stati membri provvedono affinché tutti i consumatori …abbiano accesso a un prezzo abbordabile a un adeguato servizio di accesso a internet a banda larga … in postazione fissa”e “possono anche assicurare l’accessibilità economica dei servizi … non forniti in postazione fissa qualora lo ritengano necessario per garantire la piena partecipazione sociale ed economica dei consumatori alla società”.

Vanno garantiti i seguenti servizi:
1) e-mail;
2) motori di ricerca che consentano la ricerca e il reperimento di ogni tipo di informazioni;
3) strumenti basilari online di istruzione e formazione;
4) stampa o notizie online;
5) ordini o acquisti online di beni o servizi;
6) ricerca di lavoro e strumenti per la ricerca di lavoro;
7) reti professionali;
8) servizi bancari online;
9) utilizzo dei servizi dell’amministrazione digitale;
10) media sociali e messaggeria istantanea;
11) chiamate e videochiamate (qualità standard).

Oggi, alla luce delle enormi necessità emerse negli ultimi mesi, in tempi di smart working e distanziamento sociale, il discorso è ancora più stringente e attuale. La novità più significativa e dirompente è l’inserimento, in maniera finalmente chiara e precisa, dei servizi sopra elencati in quello universale. Si tratta di un diritto che non può lasciare scoperto alcun territorio né alcuna categoria di disagio. In questo ambito, l’accesso a internet elevato a diritto di rango costituzionale costituirà un ulteriore, decisivo passaggio per assicurare un futuro migliore ai cittadini e un tassello nel mosaico della lotta alle diseguaglianze, tra le quali quella digitale è una delle più importanti.