Esisteva nella Calabria estrema, fino a qualche decennio fa e in paesini abbarbicati alle pendici dell'Aspromonte meridionale, soprattutto sulle rive della fiumara Amendolea, una minoranza linguistica grecofona il cui nucleo più importante era la città vescovile di Bova, la Chora.Poi, complici piaghe comuni al mezzogiorno d'Italia (l'emigrazione, lo spopolamento dei centri montani, il disinteresse delle istituzioni politico-amministrative ed anche una discreta propensione delle popolazioni locali al bizantinismo e alle geremiadi), quelle comunità si disgregarono.
Più procedeva la disgregazione e il pericolo di estinzione e maggiori sono state le attenzioni di esponenti più sensibili delle comunità grecofone al loro patrimonio linguistico; anche qui, però, non senza bizantinismi, non senza proliferazioni disparate di personalismi tendenti al narcisismo e alla miseria dell'identitarismo di bassa lega.
Una eccezione in positiva controtendenza è rappresentata dal circolo Apodiafazi di Bova che, non senza i vizi che abbiamo sopra ricordato, da più di trent'anni porta avanti una «politica culturale» tesa a inserire la questione dei grecofoni all'ordine del giorno delle attività dei comuni interessati e della Regione Calabria.
In proposito, tra le attività più serie e recenti di Apodiafazi e del suo presidente Carmelo Nucera, occorre annoverare la pubblicazione, anche e soprattutto con finanziamento della Regione Calabria, di un lussuoso e interessantissimo libro-CD dal titolo quanto mai in tema: Traguda-Canta.
Il CD è il risultato della collaborazione di Francesca Prestia, musicista a 360° e voce fascinosa quanto altre mai, con Salvino Nucera (già docente di scuola media, scrittore e poeta in lingua grecanica di Roghudi i cui meriti non possono qui adeguatamente neanche accennarsi) per i testi nonché con i musicisti: Marco De Leo (voce), Antonio Critelli e Piero Gallina (lira calabrese), Luciano Spagnolo (violino), Filippo Scicchitano (contrabbasso), Danilo Gatto (organetto, tamburello e chitarra battente, kajon), Sergio Uccello (chitarra e ululele), Checco Pallone (chitarra), Enzo Naccarato (fisarmonica), Lucio Ranieri (pianoforte, tastiere ed archi), Rocco Riccelli (tromba)
Salvino ha scritto una condensatissima pagina introduttiva in cui collega i canti antologizzati al mondo classico («Sulla scia dei grandi del passato, …, si collocano, in un linguaggio meno aulico, pensieri meno profondi e poeticamente molto inferiori ma ugualmente affascinanti, gli odierni epigoni della lingua grecanica, semplici e spesso ignari emuli dei grandi personaggi della cultura magno-greca») nonché i testi grecanici delle prime tre canzoni (1. Il fiume, 2. L'amore e 3. Il sole felice) mentre ha tradotto in grecanico: 4. Bella ciao in onore ed in ricordo di Giuseppina Russo (Roccaforte del Greco 1910-1991) che fu partigiana nella Brigata Garibaldi «Cento Croci» di La Spezia assieme al marito Marco Perpiglia, combattente delle Brigate Internazionali nella guerra Civile Spagnola.
La traccia n. 5 è tratta dal canto grecanico Ilio, il sole, trascritto nel 1820 da Karl Witte (Lochau 1800-Halle 1883) che fu il primo a scoprire e a far conoscere al mondo degli studiosi l'isola grecofona aspromontana.
Il testo n. 6, Nulla è più dolce dell'amore, è di Francesca Prestia ed è ispirato ad un epigramma della poetessa Nosside.
La traccia n. 7 proviene da Bruno Casile, poeta contadino del secolo scorso e fondatore del circolo Apodiafazi, e quella n. 8 è una ninna-nanna di Francesca Prestia: entrambe tradotte in grecanico da Salvino.
La canzone n. 9 (Ela, elamu condà, Vieni, vienimi vicino), del poeta roghudese Mastr'Angelo Maesano, considerato l'inno dei greci di Calabria, e quella n, 10 (Panaghìa mavri, Madonna nera), antica preghiera delle chiese calabre di rito bizantino, sono state rielaborate da Francesca Prestia
Il recensore, nell'impossibilità di rendere conto di tutte le canzoni, dichiara le sue preferenze per I Agapi- L'amore, n. 2, Ninna-laò, n. 8, e per l'ultimo brano, n. 11, Eu ti salutu Bova.
Le parole de I Agapi provengono da una versione grecanica del Cantico dei Cantici che Salvino Nucera aveva pubblicato, sempre con la casa Editrice Apodiafazi, nell'anno 2013. L'esecuzione ha un antecedente di tutto rispetto: il 26 giugno 2015 la Prestia aveva duettato con Roberto Vecchioni sul palco della manifestazione Musi-cultura di Macerata.
Marco De Leo, che accompagna la Prestia in questa esecuzione risulta, al paragone, molto convincente per la sua voce limpida e sicura ed anche perché, oltre che nel ritornello come aveva fatto Vecchioni, si è cimentato anche nella esecuzione della prima strofa della canzone.
La canzone numero 8 è una ninna-nanna, un canto «da culla» o «da naca» come si dice in greco-calabro, formato di poche parole ma molto musicali che vengono reiterate per indurre attraverso la ripetizione il sonno nei bambini.
In questo caso abbiamo sedici versi in 4 quartine: i primi due versi si ripetono uguali in tutte le strofe attraverso il meccanismo dell'anafora (da άναφέρω, porto su, spingo su); nei secondi due versi di ogni strofa, rimanti fra loro, si ripetono gli elementi dei morfemi grammaticali (dichi-mu - spichi-mu, pétu-ddha – pittu-ddha, arn-ùci – chort-uci, puddh-aci – ri-aci, alog-uci – anefor-uci) che integrano, tutti quanti, il diminutivo delle parole; questo accorgimento, dei diminutivi diffusi in ogni strofa, conferisce al racconto vocale un'atmosfera delicata e fiabesca.
Decisamente brava l'autrice e bravissimo il traduttore.
E proviamo, innamorati a nostra volta dalla bellezza del canto, a ritradurre i versi in calabro-romanzo:
Ninna, ninna-laò
E veni sonnu e veni cca via
La figghioleddha mia
Occhi dill'anima mia.
Ninna, ninna-laò
E veni sonnu e veni ccà via
Esti na farfalleddha
Supra na pittareddha.
Ninna, ninna-laò
E veni sonnu e veni ccà via
Comu na gneddhareddha
Chi mangia l'erbiceddha.
Ninna, ninna-laò
E veni sonnu e veni ccà via
Comu nu ceddhuzzeddhu
chi mbivi a lu canaleddhu.
Ninna, ninna-laò
E veni sonnu e veni ccà via
Comu na cavaddhina
Chi curri a la 'nchianatina.
È infine degno di nota che il traduttore, dopo tante anafore, abbia inserito anefor-ùci per tradurre la «salitina».
In questo caso i versi e le note della Prestia sembrano a tratti citare, o forse solo evocare, uno dei pezzi più belli della traduzione musicale colta: la Barcarolle di Jacques Offenbach.
L'ultima canzone del CD è Eu ti saluto Bova, canzone «di spartenza» (cioè di persone che si allontanano per vari motivi da un luogo e dalle persone che lo abitano, qui il paese di Bova e la mamma sconsolata della partente) di origine popolare, raccolta e già musicata da Otello Profazio. Qui assistiamo ad una viene qui rielaborazione, verrebbe da dire «traduzione al femminile», ingentilita, da Francesca Prestia: onde sembra un dolore del tutto muliebre quello che, nascendo durante il viaggio marittimo verso altri continenti, rende ancora più penosa la «spartenza», l'andare «sperti per il mondo»:
La me canzuna è ditta mari mari
Ah sta spartenza quantu fa penari.