La pandemia ha lasciato segni indelebili sulla nostra società, sui nostri comportamenti, sul nostro vivere quotidiano e anche sulla nostra cultura, che in questo momento ha l’occasione di giovarsi di alcuni slanci che gli studiosi più attenti hanno avuto cura di rivolgere ai propri lettori. Fra essi, un’opera degna di menzione resterà quella del Prof. Antonio Cantaro, il quale, nel proprio volume dal titolo “Post-pandemia – Pensieri metagiuridici”, racchiude, per l’appunto, pensieri che indagano nel profondo le categorie giuridiche e i valori che ne sono alla base.
Il giurista si confronta quindi con alcune fra le nozioni più complesse del sapere giuridico, quali lo stato di eccezione, lo stato di necessità e lo stato di assedio e di guerra, dando tuttavia il principale rilievo non tanto a quest’ultime, quanto a quella – meno indagata – che con maggiore virulenza è stata messa alla prova durante la pandemia: lo stato di normalità. Richiamando Schmitt, secondo il quale la norma ha bisogno di una situazione media omogenea, che afferisce alla sua efficacia immanente, l’Autore sostiene un rapporto di presupposizione logica fra la normalità statistica e la normatività. E sarà il tempo a dirci se, nella convivenza con la pandemia, sarà la “normalità neoliberale” dell’attuale società o una “nuova normalità” a prevalere.
Alla definizione della futura normalità concorreranno, secondo l’Autore, le scelte politiche già in essere e quelle che saranno adottate nei prossimi anni, le quali si ispirano a formule costantemente ripetute come un mantra: ripartenza e resilienza, che si appoggiano a propria volta sul concetto di transizione, declinata in un duplice senso. Saranno infatti le “transizioni gemelle” – così sono definite nel libro di Cantaro – che coltiviamo, energetica e digitale, a definire la nostra futura società, nella quale però si rischia che gli schermi finiscano per essere le uniche protesi dell’esistenza e che si produca una torsione dell’accezione nobile del lavoro umano.
La scaturigine delle transizioni invocate come una panacea risiede allora in un’ulteriore evoluzione del concetto di tecnocrazia, non più coincidente con un governo dei tecnici, bensì con un “governo della tecnica”, dove tutto risponde a una alla razionale regola scientifica, ma – scrive l’Autore – “un mondo governato da tecnocrazie orfane dell’orizzonte dell’impossibile”, proprio della politica, “non potrà che essere sempre più un mondo in preda ad un dominio assoluto di una concezione burocratica della vita”.
Dinanzi a questo asettico scenario della società che si staglia all’orizzonte, i pensieri dell’Autore volgono verso una rivisitazione di un concetto caro alla scienza giuridica, il costituzionalismo, un costituzionalismo dei governati, che quindi prenda le mosse dal basso per rinnovare la sua funzione civilizzatrice.
Questi ed altri sono i concetti, filosofici e giuridici, cari alla migliore tradizione culturale che Antonio Cantaro indaga e approfondisce con le lenti post-pandemiche dell’attento studioso e con cui ci consegna un manoscritto idoneo a orientare la gerarchia valoriale della prossima generazione o – per dirla con il linguaggio eurounitario della resilienza – della Next Generation, a cui spetta il compito di interpretare l’eredità di un difficile periodo della storia umana.
Paolo Colasante