CALABRIA SCONOSCIUTA. Rocco Ritorto, chi era costui?

CALABRIA SCONOSCIUTA. Rocco Ritorto, chi era costui?

spilazzi

Uno degli effetti dell’inurbamento che ha caratterizzato il secondo dopoguerra è stata la penuria di aule scolastiche nei nostri paesi. A causa di ciò, io ho frequentato le elementari di pomeriggio, perdendo un’ora di lezione ogni giorno. In compenso, ho avuto per tutto il tempo la stessa docente, una donna anziana molto preparata, seria, severa il giusto: mai un minuto di ricreazione, ma - per fortuna! - molta „scuola all’aperto“ nelle giornate primaverili.

In prima classe ho imparato a memoria „X agosto“, in terza „La cavalla storna“ e molte altre liriche; purtroppo, non ho mai letto testi di autori calabresi e men che meno in vernacolo! Continuo a considerare questo un debito della scuola nei miei confronti, ancora più grande di quello rappresentato da un vero edificio scolastico, ma mi spiego la cosa con l’importanza che allora si dava al potenziamento della nostra italianità.

Un giorno, alle superiori, un compagno di Gioiosa Jonica posò sul mio banco un libro, dicendo: „E’ di un tuo compaesano, ti piacerà di sicuro!“ Si trattava di „Spilazzi“, la prima opera - tutta nel mio dialetto - di Rocco Ritorto, che iniziava porgendo, con „Calabria mia“, un commosso omaggio alla nostra terra: Sugnu cuntentu ca sugnu taglianu,/ pecchì l’Italia è ’u cchiù bellu pajisi./ Su’ cchiù cuntentu ca su’ calabrisi,/ figghiu ’i ’na terra ch’a tempu luntanu/ Italia era chiamata, e ‘a nazioni/ ‘u nomu ‘ndeppi d’ ‘a regioni mia.“

Per il poeta, il nostro mare „pari ’nu diamanti“, i paesi „su’ perli di collana“ , l’aria è „’nu poema, ’n ’armonia“ ed infine: „’Nu mazzu ‘i hjuri è ’a Calabria mia!“

Cinquanta anni dopo provo lo stesso brivido, misto ad orgoglio e gratitudine, alla serenità ed alla speranza che allora mi diede la lettura di quei versi! Pur non avendo ancora sentito indicare i meridionali come esseri di seconda classe, in qualche modo la convinzione che noi fossimo „figli di un dio minore“ si era già insinuata nella mia mente. Rocco Ritorto, invece, restituiva dignità alla musica della mia prima lingua e, con essa, alle immagini, ai suoni, ai profumi che hanno reso ricchissima la mia infanzia!

Appena mi fu possibile, acquistai una copia di „Spilazzi“ e, nel corso degli anni, praticamente tutto quanto pubblicato da questo nostro grande poeta purtroppo non (ancora) conosciuto come meriterebbe.

Oltre alle liriche per la nostra terra, egli scrive della satira a tutto tondo, sferzando il malcostume, sia dei piccoli personaggi locali sia dei politici calabresi e non solo; ma mentre a questa categoria non concede attenuanti, dedica tutta la sua umana comprensione ai „vinti“, suggerendo al contempo che esiste sempre una via, una speranza, un futuro.

Rocco Ritorto, prestando la sua voce a quella gente di Calabria laboriosa e instancabile che da sempre ha resistito alle fatiche, alle ingiustizie, al dolore, la fa uscire dall’anonimato e ce la indica come portatrice di quei valori che oggi paiono essere divenuti obsoleti. Ascoltare il suo messaggio significa ritrovare la vera anima di questa terra, ancora viva nelle cose semplici, nei rapporti degli esseri umani fra di loro e con Madre Natura.

Tra le sue liriche non mancano i versi d’amore, velati di dolce ironia, come quando si chiede, ormai innamorato, „si su’ fortunatu o su’ ’nguajatu“, oppure rivelando con profonda delicatezza che la sua vita „diventau ’nu paradisu/ sulu ’i quandu ndeppi a ttia/ hjatu meu, tutta pe mmia.“

Una donna di oggi, emancipata e piuttosto realista, pur non attendendo più il Principe Azzurro, non sa restare indifferente davanti a un tuareg che, guardandola negli occhi, le sussurra: „Ma gazelle!“ Ma quando un uomo di Calabria chiama „Mio respiro“ la propria amata, questa ha la certezza di essere una creatura davvero speciale!

Rocco Ritorto, nato a Focà di Caulonia il 19 maggio 1923, è morto il 14 agosto del 2011 a Siderno, dove risiedeva ormai da molti anni con la famiglia. Proprio quell’estate ero riuscita ad organizzare un incontro per conoscerlo ma, nel sentire delle sue ormai gravi condizioni di salute, preferii non disturbare.

Continuo a nutrire la mia anima coi suoi versi, augurandomi che la sua opera - apprezzata, fra gli altri, da Gerhard Rohlfs, Mario La Cava e Saverio Strati - venga finalmente scoperta e divulgata come merita.

Ogni calabrese è ovviamente libero di chiudersi a riccio e bearsi della propria - vera o presunta - creatività’, oppure accettare acriticamente tutto quanto gli venga proposto da fuori.

Ma ricercare, valorizzare e divulgare tutti i tesori di questa terra rappresenta, a mio parere, una ben più valida alternativa!