LA RECENSIONE. Una famiglia, Alessio Zucchini, Mondadori

LA RECENSIONE. Una famiglia, Alessio Zucchini, Mondadori
Paola, affermata editorial stylist, lascia dopo tantissimi anni Milano per tornare a Pietranera, piccolo paese del reggino, per assistere ai funerali del fratello più piccolo, Matteo, morto in un’esplosione che avrebbe dovuto limitarsi ad un “avvertimento”. E’ l’occasione per fare i conti con la sua famiglia, la più importante di ‘ndrangheta della zona, e, soprattutto, con se stessa.

Lei, che si è sempre considerata diversa e migliore, si ritroverà identica a suo padre e ai suoi fratelli. Una che comanda con un impercettibile movimento del sopracciglio, uccide con freddezza e senza rimorsi, e torna, vincente e inappuntabile, al suo lavoro.

Dice il magistrato Micheli, (colluso con la ‘ndrangheta come tutti nel palazzo di Giustizia), uno dei personaggi principali di Una famiglia di Alessio Zucchini, edito da Mondadori, che «questa è una storia calabrese, non un film americano. Qui il lieto fine è più complesso.»

A me sembra, piuttosto, che il libro di Zucchini, noto conduttore del Tg1– che coinvolge il lettore con un accattivante ritmo da thriller – sia una ripresa di tanti film americani e non con svariate uccisioni, torture, violenze, corruzione, in salsa calabrese, o, meglio, in quella che, secondo una stereotipata narrazione, è la Calabria, terra maledetta, dove «si vive nel Medioevo»: «posti che rimangono sempre uguali, con la stessa gente, le stesse miserie. Gente che non cambia mai, non migliora mai, vecchi appoggiati ai banconi dei bar, giovani accasciati sulla sella dei motorini, senza
ambizioni, senza aspettative, senza speranza. Pastori e pescatori per tutta la vita, nel migliore dei casi.»

La ‘ndrangheta – con i suoi riti (dalle celebrazioni della Madonna dello Scoglio, controfigura della Madonna di Polsi, alla lettura della Bibbia e alla venerazione dei “santini”, a partire da San Michele Arcangelo), gli odi che crescono passando da padre in figlio, gli interessi di un’economia asfittica e illegale – domina, incontrastata, ogni relazione e ogni aspetto della società, facendo scendere una sorta di grigia nebbia anche sull’incanto dello Stretto, sul castello di Scilla, sull’incontaminata bellezza dell’Aspromonte.

E la violenza ancestrale sta nel sangue e cresce, anche quando sembra ormai superata o perlomeno assopita: tanto che nessuna scelta “razionale”, nessuna “fuga” (da Pietranera a Milano), nessun lavoro, per quanto patinato e gratificante, riesce a tagliare le radici del male. La linfa è sempre lì, pronta a nuovi, orridi, germogli.

*Alessio Zucchini, Una famiglia, Mondadori, pp 192, euro 18.