“Chi più, chi meno, ciascuno di noi ha un suo talento, e questo talento è la capacità di decidere dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Noi qui riuniti come popolo del Signore abbiamo un compito. (…) Non stare fermi, ecco il nostro compito, muoverci, camminare, osservare, imparare, portandoci dentro lo spirito della Chiesa. Fare fatica nell’impegno. E l’impegno può assumere varie forme, può incarnarsi nel volontariato, può essere esercitato nella pratica quotidiana della carità. Ma l’impegno al quale dobbiamo mirare noi è soprattutto quello culturale, quello dell’intelligenza. La nostra Reggio è devastata dalla violenza della stupidità, dalla mentalità della cretineria mafiosa. Come ci rapportiamo ai nostri fratelli meno fortunati? Quale ruolo può avere la cultura in questo contesto? Ricordiamoci che la cultura alla fine è ciò che rimane quando abbiamo dimenticato tutte le nozioni, quando abbiamo scordato i libri che abbiamo letto, i film che abbiamo visto, la musica che abbiamo ascoltato. Siamo come i cercatori d’oro che setacciano la melma: l’unica cosa che conta per un cercatore è il pulviscolo che rimane fra le maglie strette del colino. Con questa polvere d’oro dell’intelligenza noi dobbiamo andare incontro ai nostri fratelli che tendono a seppellire il loro unico talento.”
Il protagonista de Il Dio dello Stretto di Vins Gallico, edito da Fandango, è il giudice (immaginario) Mimmo Castelli alle prese con un incidente stradale che, molto probabilmente, più che un incidente, è un omicidio di ndrangheta, ma l’anima vera del libro è don Farias, prete (vero) plurilaureato e professore universitario intorno a cui si sono formate più generazioni di universitari e laureati cattolici della città dello Stretto.
Il Dio dello Stretto ricalca le modalità del romanzo storico con commistione di realtà e fantasia e tratta di giudici e di ndrangheta a Reggio (filone ormai lungo su cui sarebbe auspicabile una moratoria) negli anni che pure videro la “primavera” della città “bella e gentile” del sindaco Falcomatà. L’aspetto originale del libro di Gallico è proprio nello spazio dato alla locale intellighenzia cattolica, ai suoi valori e ai suoi riti (le messe nella chiesa di San Gaetano con le lunghissime omelie) alle problematiche morali personali, familiari e lavorative (sviscerate in un dibattito costante e al centro del sacramento della confessione più volte richiamato). Il cattolicesimo, espunto da buona parte della nostra narrativa, è parte costitutiva del giudice Castelli e del suo gruppo di amici. Senza – qualunque valutazione si voglia dare dei personaggi, reali, immaginari o reali/camuffati da immaginari – non sarebbero comprensibili né come figli/fidanzati/mariti né come lavoratori e cittadini. Dice il giudice al figlio piccolissimo: “Un giorno forse mi chiederai perché ho fatto delle scelte, perché mi sono comportato in un certo modo, perché ho creduto nel mio lavoro. L’ho fatto per te, e per la tua mamma, e per tutta questa bellezza. E l’ho fatto per me, perché non avrei saputo fare altro.”
*Vins Gallico, Il Dio dello Stretto, Fandango, pp.352, euro 18.