IL MONOLOGO. La statura delle donne

IL MONOLOGO. La statura delle donne
Si dice che  l' apparenza inganni sulla reale essenza delle cose. Una di esse è la statura delle persone, spesso svalutata. Per ragioni molto diverse, il teatro è uno di quei luoghi dell'anima in cui può ancor di più crearsi questo fraintendimento. Quando le luci si abbassano ed è silenzio, si viene a creare tra lo spettatore e l'attore una speciale alchimia.

Dopo lo spettacolo, per la regia di Basilio Musolino, al termine degli applausi, incontriamo l' attrice del monologo A(r)mo, Renata Falcone, 20 anni di teatro, dentro e fuori la Calabria, ma "è qui, ci dice, che si torna per dare senso" alla propria restanza,  ed è chiara la percezione di cosa significhi presenza scenica. In una calda serata primaverile, Renata,  in mezzo agli altri, quasi non si riconosce, se non per il volto, gli occhi febbrili di passione, da vicino è uno scricciolo di donna. Eppure il piccolissimo teatro non poteva ingannare, la distanza è quasi azzerata tra il pubblico ed il proscenio. Il corpo di un attore è tante cose, non è solo voce, mimica, postura, espressività. Se incarna davvero e con bravura la parte, se trasmette al pubblico la magia della recitazione , allora quel corpo si trasforma, anzi è trasfigurato. Lo avremmo detto alto e possente quel corpo appena mezz'ora prima. Tra i tanti complimenti ricevuti, questa affermazione  inaspettata è colta da Renata come il più gradito degli applausi . Cogliere l' essenza di un'altro è una possibilità degli incontri. Nell'esperienza teatrale nasce dall' alchimia dello spazio scenico, che a tratti fonde e confonde chi sta da una parte e chi dall'altra. Proskenion è anche il nome del teatro nel quale la compagnia Ucríu svolge le sue attività. L'ubicazione del teatro è particolare, si trova in un territorio dove é segno di speranza. Fuori  città, in una campagna suggestiva se non fosse per lo scempio edilizio, a Valanidi, presso una villa che è bene confiscato, adesso libero e restituito alla collettività da Antigone, Osservatorio sulla ndrangheta .

Cos' è A(r) mo? È un'altra località calabra, resa famosa dal suo cimitero che ospita i  45 migranti periti in mare nel 2016 ."Armo è nel mio cuore" , afferma con passione Tiziana Calabrò, la seconda donna di questa magica serata, secondo sold out in 2 settimane, autrice del testo e di molti altri lavori, frutto di una scrittura intensa, significativa e sopratutto dove batte un cuore di donna . 

Sconvolge il cuore e ne cogli l' altezza e la profondità, poi la incontri e, anche per lei, non sai come quell'energia potente possa essere contenuta in quel corpo adolescente, un po' ammorbidito dalla maternità. Con Tiziana ci siamo incrociate molti anni fa, come nelle porte scorrevoli di un albergo che si chiama vita, lei usciva ed io entravo in un luogo che avrebbe segnato la nostra formazione. Qualcuno lí, intuì il suo potenziale e le disse "sfrena" la tua creatività, la tua poesia, libera ciò che è la tua essenza. Aveva avuto fiuto l' uomo di teatro, gesuita per vocazione e padre di molti di noi, è stato responsabile di molte vocazioni liberanti. Dovunque si trovi, ancora esigente, ci sorride. Aveva sguardo profondo, padre Vincenzo Sibilio, "le sue parole riscaldavano e accoglievano, erano nuove e coraggiose", ricorda Tiziana. Non si poteva contenere la fanciulla, doveva uscire fuori, come gli altri, da quel portone di via Cimino, verso il mondo, con un bagaglio d' amore invincibile.

Si può andare lontano, eppure restare legati da un filo d' oro. Tiziana in Armo parla di migranti, parla di ultimi. Se si replicasse d'estate nel Cortile degli Ottimati, il cerchio troverebbe compimento. Il monologo parla di una donna, Carmen, che al cimitero vagheggia il suo amore perduto e racconta, in una straordinaria Spoon River calabrese, la Storia, quella nostra, di chi partiva per la miseria e andava a morire in America e quella chi oggi parte dall' Africa, attraversa il deserto, l'inferno libico e il Mediterraneo, per essere restituito dal mare e dormire sulla collina.

Ma i morti non possono essere numeri, non puoi un giorno incontrarli e gridare all' altro:1256, 348, 1!!.. No, i morti devono avere un nome. Carmen non lo accetta, come non ha accettato il verdetto di morte del suo Carlo Alberto, molti anni prima . Così, con un atto d' amore estremo, ha chiamato il migrante senza nome, con quello del suo perduto amore, restituendogli identità, storia, dignità e volto. Quasi un'ora senza fiato di potente coinvolgimento, i momenti più forti, come le voci registrate in mare degli SOS., l 'urlo della madre che non potrà più chiamare sua figlia, si sciolgono nei ricordi di Carmen, donna senza età, ora bambina, bravissima a scuola, ma che non può continuare gli studi perché non è un maschio, ora donna innamorata e poi anziana che trova senso ai suoi giorni , lí al cimitero di Armo, custode di memoria, di speranze infrante e di amore, perché come dicono le parole di Antigone, scritte sulle pareti del piccolo teatro di Valanidi: "non nacqui per odiare senza fine, ma per amare sino in fondo "