IL RETROSCENA. Sgarbi i Bronzi e la fragilità calabrese. VARANO

IL RETROSCENA. Sgarbi i Bronzi e la fragilità calabrese. VARANO

seb      di ALDO VARANO - Poche chiacchiere: quando Sgarbi parla dei Bronzi di Riace e di ‘ndrangheta sa quello che dice e, soprattutto, quello che fa.

Intanto, il noto polemista televisivo ha sulla mafia una solida cultura generale. Non a caso è stato sindaco di Salemi, uno dei cuori più robusti della Cosa Nostra siciliana, dove hanno a lungo imperato gli esattori fratelli Salvo. Salemi è stato sciolto per infiltrazioni mafiose proprio, guarda un po’, mentre Sgarbi era sindaco: venne accusato dal ministero dell’Interno (quasi certamente le stesse strutture che la Cancellieri aveva ereditato da Maroni) di “avere precise responsabilità”. Insomma, conoscendo la mafia si guardò bene dall’infastidirla.

Secondariamente, il grande guru della televisione spazzatura ha una cultura specifica sulla ‘ndrangheta, acquisita non da un mastro di ballo della tarantella che ‘ndranghetìa ma da un maestro d’eccezione che il Nostro, non lontano dalle elezioni, andò a visitare nel supercarcere di Palmi: don Peppino Piromalli (quello vero).

E proprio perché Sgarbi è così colto sulle cose di mafia, sa benissimo che tra i Bronzi di Riace, la loro storia e le loro vicende, e la ‘ndrangheta non c’è rapporto alcuno. Sa anche, con assoluta certezza, che è una sciocchezza dire che sono ostaggio della ‘ndragheta.

Ma Sgarbi non è un bugiardello di periferia, né si può concludere che sa poco o nulla dei problemi delle opere d’arte e dell’arte italiane. Si tratta invece di capire perché, lui che cretino non è, nonostante sappia come stanno le cose ha tirato fuori la storia ridicola dei Bronzi ostaggio della ‘ndrangheta.

Sgarbi è un grande comunicatore: è l’unica cosa che sa fare veramente bene. Sa che per avere successo bisogna comunicare non cose vere ma cose credibili, ancor meglio se prelevate dalla pancia degli italiani dove giacciono dicerie e luoghi comuni.

C’è qualche italiano che non sappia e non sia convinto che in Calabria, per non dire della provincia di Reggio, è tutto e soltanto mafia? Non è questo, al di là delle intenzioni, il modulo interpretativo che viene applicato a questa terra e veicolato anche da chi in questa terra abita? Non ci appassioniamo di più alle processioni che al lavoro che manca, ai giovani che se ne vanno, al degrado che cresce? Sgarbi che la pancia del paese la conosce come pochi altri e in continuazione ci sguazza si regola di conseguenza. Voleva successo e andare sui giornali. E c’è riuscito mischiando ‘ndrangheta e Bronzi. Chapeau!

Solo gli sciocchi sottovalutano il potere devastante della ‘ndrangheta e solo quelli ancor più sciocchi (o interessati) non s’interrogano su quanto sia devastante la sua mancata sconfitta, né soprattutto si chiedono perché la ‘ndrangheta in Calabria non è stata ancora annientata, né quando lo sarà.

La Calabria, se vuole, può però consolarsi facendo finta di non aver capito niente. Come il presidente Talarico che, in tutt’altre faccende affaccendato, chiede a Sgarbi di aiutarlo a convincere gli italiani che i cittadini calabresi sono onesti. Speriamo che Maroni non mandi via Sgarbi (come ha già fatto la Moratti) perché lui accetterebbe subito la proposta di Talarico e allora passeremmo dalla farsa al dramma.