di ANTONIO CALABRÒ - Ludovico non viene in vacanza in Calabria da trent’anni; per via delle parentele, aveva trascorso tutte le estati della sua infanzia in un luminoso paesino della costa Jonica, di cui conservava un ricordo idilliaco e bucolico. Le cose della vita poi
gli avevano impedito un ritorno, a cui però aveva pensato spesso e che adesso, a cinquant’anni suonati, è riuscito a realizzare.
Che spiacevole sorpresa! Che delusione! Tutto è cambiato, mi dice, ma in peggio.
I problemi che c’erano allora sono rimasti. L’acqua nelle case che, in pieno Agosto, improvvisamente non scorga più, magari per un giorno intero. E si deve andare a far rifornimento nelle fontane. Ma questo può anche essere un fatto esotico, per un turista. Come esotiche sono le centinaia di case abusive, non finite, simili a ruderi, cubicoli di mattoni con finestre e balconi che ignorano il mare.
La delusione riguarda tutto. La sporcizia del mare. Un larga e schifosa striscia di marciume saponato, di melma dal colore indefinito, di tanto in tanto appare a pochi metri dalla riva e, soprattutto se c’è bonaccia, persiste per giorni interi; e diventa orribile persino fare il bagno.
La spiaggia intera è un ricettacolo di rifiuti, se non nelle zone dei lidi, dove però la ressa e l’inquinamento acustico sono insopportabili.
Ludovico ripensa alla spiaggia della sua gioventù, che era larga tre volte di più di quella attuale, ed era preceduta da un largo prato, sul quale crescevano pini mediterranei, fichi dai frutti squisiti, lungo la salita ricordava due grandi gelsi neri, che davano le loro more rosse e succulente per tutta la durata dell’Estate. Non c’erano più neanche quelli, gettati per far largo alla strada e ad una piazzola per i cassonetti della spazzatura.
Persino il colore complessivo della costa è cambiato: un luogo che sembra saccheggiato, soggetto all’arbitrio dei privi di gusto, arrangiato alla meglio come quasi tutto ciò che riguarda il turismo. E meno male che lui turista non è, e conosce modi e usanze di questa terra.
Ma ciò che trova più inquietante è il cambiamento sociale: lui vede una disgregazione rancorosa di quella che era, nel bene e nel male, “comunità”; una rincorsa feroce all’affermazione dell’individualità, che trova riscontro nella totale mancanza di rispetto per la natura e per la storia; una identità fittizia di calabresi, che sembra studiata a tavolino da esperti di marketing.
Non solo il mare, che era bellissimo, adesso non lo è più; l’inquinamento è complessivo, riguarda corpi e menti, intossicati dalla improbabile rincorsa a ricchezze contrabbandate per felicità, e ormai incapaci di trovare serenità e bellezza, se non nei ricchi premi di questa grande giostra che è diventata la società occidentale.
Ludovico è tornato in Calabria convinto di poterci trovare quei valori e quelle bellezze che ricordava; ha trovato una terra diversa, un Calabria nuova, che non è né bella e neanche gentile, e le prossime vacanze estive le passerà in montagna.