di AURELIA ARITO - «Il politicamente corretto è l'ipocrisia totale. Non sono qui per scusarmi. Il mio gesto non voleva offendere i reggini o la cultura greca, ma il pianeta intero semmai».
Ha esordito così Gerald Bruneau, ospite domenica del Face OFF presso il Parco Ecolandia, tornato a Reggio per presentare i suoi scatti sui Bronzi di Riace. Un ritorno che porta con sé l'appoggio di chi ne ha compreso il lavoro, ma anche l'eco della polemica seguita all'intervento artistico che ha creato un vero e proprio caso Bruneau.
Il fotografo, nato a Montecarlo ma girovago per professione, ha scelto Reggio per presentare, per la prima volta, il suo lavoro, rifiutando anche l'invito ad esporre gli scatti a New York. Ma perchè proprio la città che, in larga parte, lo ha accusato di furto identitario, offesa dalla rappresentazione in chiave queer di esemplari unici di classicità e mascolinità?.
Al di là delle polemiche, la partecipazione di Bruneau al Face OFF, con la direzione artistica di Paolo Genoese e Paolo Albanese, nasce dalla risposta di un gruppo artisti di reggini, tra cui Angela Pellicanò e Ninni Donato, che con una serie di azioni performative, sotto il nome di “Je suis Gerald Bruneau”, hanno acceso la riflessione sull'arte contemporanea in una città che le concede pochi spazi, sia fisici che valoriali.
Alle accuse Bruneau risponde a tono, perchè l'arte, in fondo, è un continuo furto di idee e l'artista e un po' un ladro. «Non mi pento ha ribadito - di aver rubato ai bronzi la loro anima classica. L'autorizzazione l'ho avuta il giorno stesso e, non avendo materiale – ha spiegato - ho fatto ready made veloce comprando un tanga e un boa nei negozi vicino al museo». Una provocazione, la sua, che svela letture su più livelli: identità sessuale e rivendicazione dei diritti civili, accettazione del diverso e rottura con il gusto attuale e dominante.
A sostenere che l'attualizzazione dei Bronzi operata da Bruneau risponda ad un'attitudine che ben si combina con un'idea di museo che dà vita alle opere che ospita e non sia un mero deposito, anche Fabio De Chirico, Soprintendente per i Beni Storici, Artisti e Etnoantropologici dell'Umbria.
Presenti all'incontro Marco Benoît Carbone, dottorando alla University College London; Federico Giordano, docente presso l'Università per Stranieri di Perugia; e, per Ecolandia, l'architetto Santo Marra.
Cala così il sipario sul Face OFF, contenitore di linguaggi contemporanei, una scommessa nata dall'esperienza dell'ultima edizione del Face Festival per rispondere alla provocazione di Gerald Bruneau con l'idea che “l'arte chiama arte”.