di SIMONA MUSCO - Una terra gravida di bellezza, che abortisce per colpa di un consapevole abbandono, che ogni anno produce danni irrecuperabili. Lo sa bene l’antica Kaulon, che giorno dopo giorno scivola verso il mare, tornando nell’oblio; lo sa bene anche Sibari, ricoperta dal fango che aspira a cancellarla. La regione più ricca d’Italia, in potenza ma non in atto. Perché di fronte ai numeri della ricerca del Censis, che ha stilato il curriculum culturale della Calabria, c’è un impietoso e scellerato metodo di gestione dei beni culturali.
La ricerca, realizzata con il contributo della Regione, racconta di 13 siti archeologici e complessi monumentali individuati dal Ministero dei Beni culturali, 280 fra musei, archivi e collezioni, 646 beni vincolati, 414 biblioteche, 186 sale teatrali. Un patrimonio attorno al quale ruotano, poi, 354 sedi di scuole superiori di secondo grado.
Tutto contenuto in 24 pagine, dal titolo “Big data e social network per istruzione e cultura in Calabria”, presentate ieri a Roma dal direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, e discussa, tra gli altri, da Mario Caligiuri, assessore regionale alla Cultura; e Francesca Barracciu, sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
In una terra che conta due bandiere arancione del Touring Club, dieci fra i borghi più belli d'Italia, tre borghi autentici e ben 159 centri storici e insediamenti minori suscettibili di tutela e valorizzazione, a cui si aggiunge una città slow e oltre 70 comuni con patrimonio edilizio storico risalente a prima del 1919, la fruizione del patrimonio storico è ridotta all’osso, anche se il dato più rilevante è la gestione dello stesso.
I mesi di silenzio e di inerzia dopo i fatti di Kaulon, a Monasterace, la dicono lunga sull’immobilismo che caratterizza i beni culturali calabresi. Potenzialità inespresse della Calabria, dove la cultura, dice il Censis, può essere un modo per riscattare la propria immagine e sconfiggere la ‘ndrangheta, perché l’unica notizia a fare eco per il mondo, da qui, è quella con le pistole e il sangue e un bel clan alle spalle. Che poi è la solita storia trita e ritrita sulla quale si rigira, come dopo un incubo, la Calabria. Una coperta sudicia che ha oscurato, col tempo, tutto ciò che rappresenta il tesoro di questa terra, tornando utile come alibi ai politici, indigeni e stranieri.
Ma l’orgoglio più profondo, quello che viene dalle radici, si ribella. Perché di bellezze, la Calabria, ne racchiude migliaia. Gerace, uno dei borghi più belli d’Italia, ad esempio, calato nella storia. Lì ce n’è un altro di problema: come tenere aperte le Chiese. Quelle fruibili sono poche: la cattedrale, la chieda di San Francesco e a breve quella di San Giovannello. Gerace, infatti, lotta contro i costi di restauro, di manutenzione e guardiania, perché tenere aperto ha un prezzo. Eppure i fondi spesso ci sono e a fornirli è la comunità europea. Vengono stanziati per lavori straordinari ma poi mancano le piccole cose per la cura quotidiana. E così, anche una tegola fuori posto può provocare un’infiltrazione d’acqua che rovina mesi e mesi di interventi.
Insomma, più che quantità si parla di qualità e distribuzione nel tempo. Piccole accortezze che, forse, potrebbero salvare le bellezze di una terra selvaggia, sospesa tra il Tirreno e lo Jonio. Bellissima ma incompresa: nel 2013 sono stati appena 195 mila i visitatori, l'equivalente del solo sito di Castel del Monte in Puglia.
Numeri bassissimi, nonostante molti dei luoghi d’interesse siano ad ingresso gratuito. Su questo dato incidono molto i lavori che
hanno sbarrato le porte al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, che custodisce i bronzi di Riace, principale attrattore regionale. Nei primi 8 mesi dell'anno hanno collezionato 155 mila visitatori, che in prospettiva fanno sperare per 240mila presenze nel 2014. Oltre ai siti archeologici, sono molti i festival e gli eventi che hanno forte valore culturale, capaci di valorizzare le radici e creare turismo: si parla di 1,3 milioni di presenze, con una media di circa 35 mila partecipanti per evento su 67 comuni coinvolti. Il tutto ha prodotto un investimento da quasi 55 milioni di euro da parte di visitatori e turisti, con un effetto moltiplicatore pari quasi a sette volte l'investimento.
Le bellezze della Calabria, dunque, potrebbero risollevarne le sorti economiche e trasformarne il volto. Ma quaggiù nessuno sembra accorgersene.