di MARIA TERESA D’AGOSTINO -
«Questo libro, la cui prima edizione risale al 2009, ha prefigurato e spiegato, con estrema lucidità, il sistema criminale diffuso, che non solo nella Calabria dell'immaginaria Zefira, ma nell'Italia intera, ha dominato e continua a dominare». Così Luigi Franco, direttore editoriale della Rubbettino, annuncia la nuova edizione del romanzo di Gioacchino Criaco − seconda parte della trilogia iniziata con “Anime nere” e conclusa con “American taste” (tutti con la casa editrice di Florindo Rubbettino) − in questi giorni nelle librerie.
«Pur essendo un romanzo autonomo e compiuto in se stesso, “Zefira” è l’ovvia conseguenza di ciò che è narrato in “Anime Nere” – spiega ancora Luigi Franco –. Al noir-confessione dell’opera prima fa seguito un romanzo che ha le venature del giallo, ed è un grimaldello per la cappa di ipocrisia che teneva al riparo, nella lista dei “buoni”, una borghesia corrotta e invischiata nel malaffare. La forza del romanzo è data da una coinvolgente dimensione letteraria non disgiunta da un’analisi sociale fredda e lucida, dove non manca la suspense e le incursioni su personaggi e luoghi dell’Aspromonte che avevano incantato in “Anime Nere”».
Dopo il grande successo del film diretto da Francesco Munzi, che con Criaco ha lavorato in piena sintonia, lo scrittore di Africo torna ai lettori con una storia altrettanto profonda e inquietante. «“Zefira” racconta i vizi di un mondo che trascende la criminalità in senso classico e scova i peccati in ambiti non consueti – dice Criaco −. L’ambientazione è quella di una città immaginaria che potrebbe stare sullo Jonio o sul Tirreno, ma anche in riva allo Stretto. Al centro di tutto, i peccati del sistema di potere locale. Un vizio non soltanto calabrese, piuttosto un dramma nazionale. L’Italia, dal punto di vista unitario, è una nazione giovane, che inglobando una serie di identità locali ha dovuto farvi i conti. La nuova entità statuale si è ritrovata in grembo poteri consolidati. Nessuno ha voluto rinunciare alle posizioni acquisite. L’esigenza di continuare a contare ha portato il potere locale a falsare la realtà, mostrandone sempre una comoda alla sopravvivenza. Nel caso della Calabria, si è aggiunto il dramma di un potere nostrano avvezzo a conservarsi con ogni mezzo e quindi anche col sistema criminale di matrice mafiosa. Un mix micidiale, di difficile contrasto».
E “Zefira” racconta appunto della commistione criminale fra borghesia e ‘ndrangheta, attraverso una trama lineare, di avvincente lettura. «È una storia semplice, un giallo classico con la solita “ammazzatina”, l’indagine e il colpevole – aggiunge lo scrittore –. Ma, entrando nella testa di un commissario milanese sceso a Zefira per debellare la mafia, si scopriranno le facce multiformi del male. Si sovvertiranno i ruoli e si finirà per arrancare disperati alla ricerca dei buoni. Ne esistono ancora? Quali sono le colpe dei singoli e quali i vizi di una collettività intera che, quando non è responsabile direttamente, è complice muta, serva ignava? Zefira è di un’attualità che fa paura. A distanza di sei anni lo riscriverei uguale. E quello che più temo è che sarà così tra altri sei, e che il ciclo rischi di essere infinito se si prosegue con la pratica consolatoria di chiedere qualche toppa alla magistratura e non ci si adopera per una presa di coscienza collettiva. Ecco, più che trovarli i buoni forse dovremmo provare a diventarlo tutti davvero. Ma tutti e non i soliti diavoli ai quali si attribuisce tutto il male del mondo solo per sentirsi buoni senza esserlo».
Un libro che, come ci ha abituato Criaco, apre a una lettura non scontata della società, con lucidità visionaria e realismo agghiacciante. «Ma è anche un romanzo sull’amicizia, sull’amore, sul dolore, sul tradimento, l’inganno – conclude Luigi Franco –. Ed è anche uno specchio avvelenato in cui si sono potuti riconoscere, non senza turbamenti, tanti politici, dirigenti, imprenditori, forze dell’ordine, uomini di chiesa e magistrati».