La Locride è la metafora di un Sud che muore, ma a chi vanno attribuiti i “meriti” di questa abile strategia?
Nei giorni scorsi la trasmissione ' Presa Diretta' si è occupata della Calabria puntando i riflettori sulla disastrata sanità calabrese. La parte centrale del servizio è stata occupata all’intervista della dottoressa Di Furia, direttrice generale dell’Asl di Reggio, che ha esordito dicendo ' al momento della mia nomina non conoscevo la Calabria ma conoscevo la Locride.' A questo punto, due domande sarebbero state d’obbligo: a) perché a guarire la malmessa sanità calabrese sia stata inviata una persona che, per sua stessa ammissione, non conosce la Calabria?; b) se il riferimento della direttrice alla ' fama' della Locride, inchiodata alla sua immaginaria ed esclusiva dimensione criminale, non costituisca esso stesso un chiaro pregiudizio culturale che offusca la vista e fa perdere l’orientamento?
Per un solo secondo mettiamoci dal punto di vista dei cittadini della Locride che hanno guardato la trasmissione “Presa Diretta” e che perdono mediamente QUATTRO anni di aspettativa di vita a causa della malasanità e che per tutta risposta viene rinfacciato loro la sinistra fama che li precede. Che non solo è un’infame bugia ma anche un modo per giustificare storici ritardi che si sommano alle attuali e gravi inadempienze verso questa Terra.
Sia chiaro, nessuna responsabilità ha la Di Furia per il marchio di criminali impresso a fuoco sulla nostra pelle ma, quantomeno per fare buon giornalismo, dovremmo spiegarci come mai in QUARANTA ANNI di ' lotta' alla 'ndrangheta in cui sono stati dispiegati da un lato i magistrati antimafia più famosi e più scortati del mondo e dall’altro mandati a dirigere la sanità ammiragli, generali, questori e prefetti. Spesso incompetenti ma pur sempre graduati, i cittadini della Calabria e della Locride hanno ottenuto come risultato: 1) una sanità di gran lunga peggiore rispetto a 40 anni fa; 2) una ’ndrangheta diventata la più potente organizzazione a delinquere del mondo; 3) una fama criminale che è un’infamia; 4) l’applicazione di leggi eccezionali; 5) una spesa sanitaria pro capite decisamente inferiore alla media nazionale.
A qualcuno bisognerebbe pur ascrivere tutti questi 'meriti' che messi insieme costituiscono un’abile strategia per lasciare il Sud in perenne agonia. La Locride è metafora di un Sud che muore perché da molti anni anticipa i processi di decomposizione della società che si accompagnano sempre a fenomeni di violenza, di frustrazione, di rassegnazione che gli occhi di giornalisti distratti non riescono a cogliere.
Per esempio, qualche anno fa, scriveva Imma Vitelli su Vanity Fair a proposito della Locride 'è il Medio Oriente d’Italia. Un luogo aspro e remoto dove le persone non parlano con i forestieri e in fondo neppure tra di loro, dove gli agenti in divisa venuti da lontano sono consapevoli che questo è il vero Far West italiano. La terra più violenta d’Italia”.
Dietro questo giornalismo, il Potere, in tutte le sue sfaccettature, si camuffa e nasconde le proprie responsabilità.
Qualcuno rimpiange i briganti.
*già pubblicato sul Dubbio.
Nei giorni scorsi la trasmissione ' Presa Diretta' si è occupata della Calabria puntando i riflettori sulla disastrata sanità calabrese. La parte centrale del servizio è stata occupata all’intervista della dottoressa Di Furia, direttrice generale dell’Asl di Reggio, che ha esordito dicendo ' al momento della mia nomina non conoscevo la Calabria ma conoscevo la Locride.' A questo punto, due domande sarebbero state d’obbligo: a) perché a guarire la malmessa sanità calabrese sia stata inviata una persona che, per sua stessa ammissione, non conosce la Calabria?; b) se il riferimento della direttrice alla ' fama' della Locride, inchiodata alla sua immaginaria ed esclusiva dimensione criminale, non costituisca esso stesso un chiaro pregiudizio culturale che offusca la vista e fa perdere l’orientamento?
Per un solo secondo mettiamoci dal punto di vista dei cittadini della Locride che hanno guardato la trasmissione “Presa Diretta” e che perdono mediamente QUATTRO anni di aspettativa di vita a causa della malasanità e che per tutta risposta viene rinfacciato loro la sinistra fama che li precede. Che non solo è un’infame bugia ma anche un modo per giustificare storici ritardi che si sommano alle attuali e gravi inadempienze verso questa Terra.
Sia chiaro, nessuna responsabilità ha la Di Furia per il marchio di criminali impresso a fuoco sulla nostra pelle ma, quantomeno per fare buon giornalismo, dovremmo spiegarci come mai in QUARANTA ANNI di ' lotta' alla 'ndrangheta in cui sono stati dispiegati da un lato i magistrati antimafia più famosi e più scortati del mondo e dall’altro mandati a dirigere la sanità ammiragli, generali, questori e prefetti. Spesso incompetenti ma pur sempre graduati, i cittadini della Calabria e della Locride hanno ottenuto come risultato: 1) una sanità di gran lunga peggiore rispetto a 40 anni fa; 2) una ’ndrangheta diventata la più potente organizzazione a delinquere del mondo; 3) una fama criminale che è un’infamia; 4) l’applicazione di leggi eccezionali; 5) una spesa sanitaria pro capite decisamente inferiore alla media nazionale.
A qualcuno bisognerebbe pur ascrivere tutti questi 'meriti' che messi insieme costituiscono un’abile strategia per lasciare il Sud in perenne agonia. La Locride è metafora di un Sud che muore perché da molti anni anticipa i processi di decomposizione della società che si accompagnano sempre a fenomeni di violenza, di frustrazione, di rassegnazione che gli occhi di giornalisti distratti non riescono a cogliere.
Per esempio, qualche anno fa, scriveva Imma Vitelli su Vanity Fair a proposito della Locride 'è il Medio Oriente d’Italia. Un luogo aspro e remoto dove le persone non parlano con i forestieri e in fondo neppure tra di loro, dove gli agenti in divisa venuti da lontano sono consapevoli che questo è il vero Far West italiano. La terra più violenta d’Italia”.
Dietro questo giornalismo, il Potere, in tutte le sue sfaccettature, si camuffa e nasconde le proprie responsabilità.
Qualcuno rimpiange i briganti.
*già pubblicato sul Dubbio.