Giornalisti, potere e politica in Calabria

Giornalisti, potere e politica in Calabria

noel rodo     di ALDO VARANO - Caro Regolo, voglio ringraziarti anch’io per quanto state facendo all'Ora della Calabria per la libertà di stampa. Fin dall’inizio l’ho molto apprezzato seguendo la vicenda sul giornale online che dirigo (zoomsud). Chiedo un po’ di spazio perché c’è qualcosa che non mi convince nel modo in viene percepita la vicenda del Tg3 Calabria e della lettera di Magorno.

C’è il rischio che nell’immaginario calabrese si accrediti l’ipotesi di un Tg3 violentato solo negli ultimi tempi e dal degrado della sua ultima direzione, disperdendo la parte più importante e drammatica che L’Ora sta affrontando: il rapporto complessivo tra stampa e giornalisti, potere, partiti in Calabria.

Voglio raccontare una mia esperienza diretta di una ventina di anni fa.

Ero stato denunciato da un magistrato potentissimo della Calabria (e non solo) assieme a un mio caro amico che non voglio rimettere nel mezzo, per quel che avevamo raccontato su di lui.

Il Tg3 Calabria dedicò alla notizia un’apertura lunghissima con tutti i risvolti della querela e le sdegnate rimostranze del mio accusatore, senza preoccuparsi di offrirmi un’opportunità di difesa o giustificazione. Già su questo ci sarebbe parecchio da parlare. Ma se invece dell’informazione scatta la marchetta, va così.

Il procuratore della Repubblica di Mondovì (il libro era stato pubblicato da Einaudi e stampato a Mondovì, nel torinese) chiese l’archiviazione. La notizia, fece il giro dei giornali italiani (c’era nel mezzo uno dei più prestigiosi editori europei) ma non venne neanche accennata dal solerte Tg3 Calabria.

Poi accadde l’incredibile che rese ancor più appetitosa la storia. Il procuratore generale di Torino avocò il procedimento con la singolare motivazione che essendo il denunciante persona autorevole servivano altri indagini e approfondimenti. Insomma, un passo indietro rispetto alla rivoluzione francese e all’uguaglianza delle persone di fronte alla legge.

La cosa rifinì sui giornali di mezza Italia. La Stampa di Torino (condirettore Gad Lerner) ne fece un cavallo di battaglia anche per lo scazzo tra diversi pezzi della magistratura piemontese.

Si arrivò di fronte al Gup. Il mio avvocato (chiese una parcella simbolica al di sotto delle spese né si pagò i viaggi Torino-Mondovì) era uno dei più prestigiosi giuristi italiani, un signore sui cui libri hanno studiato generazioni intere di avvocati e magistrati, e che sarebbe poi diventato vicepresidente del Csm, il professor Carlo Federico Grosso. Al processo la procura generale, imbarazzatissima, balbettò e innestò la retromarcia chiedendo il proscioglimento. Grosso, neanche a dirlo, fu bravissimo. E il processo finì.

Pensai fosse arrivato il mio turno col TG3 in Calabria. Scrissi una dichiarazione argomentata, mai aggressiva o offensiva per alcuno, e la inviai a Cosenza per fax (questo passava allora il convento). Gli argomenti e il mio fastidio per l’aggressività non significano coglionaggine. Mi ero fatto un’idea del TG3 e dopo l’invio telefonai per verificare la ricezione e impedire che poi mi si dicesse che non l’avevano vista, che ormai la notizia era vecchia, e via imbrogliando.

Un autorevole giornalista del Tg3, mentre io attesi al telefono, controllò e tornò assicurandomi che aveva il testo davanti: si leggeva e andava benissimo.

Il giorno dopo mi sistemai davanti al televisore.

Tra le notizie di testa, niente. Politica, cronaca, costume, sport. Niente di niente. Stacco con spot e previsione metereologiche. Stavo per chiudere il televisore quando un braccio e una mano sventolano un foglio che viene passato al giornalista (diverso da quello con cui avevo parlato) che finge di leggerlo e più o meno (cito a memoria) spara: “Mi avvertono che proprio in questo minuto è arrivata in redazione la notizia che il giornalista Aldo Varano è stato assolto in un processo per diffamazione a Mondovì. A Varano i nostri migliori auguri”.

Immagino che il rapporto tra gli ascoltatori della prima parte del Tg3 Calabria e i sopravvissuti a fine spot e dopo il Meteo sia di 1000 contro 5.

Riepilogo. Il Tg3 Calabria non nascose una notizia dopo avermi aggredito con un servizio d’apertura. Fece un’operazione peggiore: la nascose facendo finta di averla data. Ecco da chi hanno imparato i vigili di Catanzaro quando fingono di fare le contravvenzioni ai potenti solo per salvargli la faccia. Non l’operazione di un singolo giornalista scorretto, ma l’accordo di almeno 5 persone: chi aveva ricevuto il fax, chi mi aveva confermato l’arrivo, chi aveva confezionato il giornale da mandare in onda sceneggiata compresa, chi aveva allungato la mano, chi aveva fatto finta che la notizia fosse arrivata in quel minuto. Giuridicamente, quando una malazione vede più di tre complici scatta l’associazione a delinquere.

Racconto questa storia perché riassume bene quella del Tg3 Calabria. La racconto solo ora per la prima volta, perché forse si può tentare (grazie all’Ora) una discussione. Ecco perché non mi ha indignato e per nulla sorpreso la vicenda di Annamaria Terremoto mentre mi ha molto preoccupato la lettera dell’on. Magorno. Il Tg3 Calabria ha sempre funzionato così con la felicità e la sollecitazione dei gruppi politici e di potere che nel tempo, e senza alcuna distinzione politica, uno via l’altro, hanno divorato la Calabria. Ha blindato la disinformazione facendo fluire le notizie che servivano a un potere sempre vorace, spesso modesto.

Giusto per bloccare l’attacco del solito cretino, voglio precisare che questo giudizio non contrasta col mio convincimento - tecnico, professionale e personale - che la storia del TG3 sia stata attraversata e sia ricca anche oggi di professionalità straordinarie, corrette, intellettualmente oneste. Ma il loro lavoro non è mai riuscito a modificare la logica e la funzione assolte dal Tg3 Calabria. Come del resto confidano in privato gl’interessati.

Niente di nuovo per i reggimicrofono. La lettera di Magorno annuncia invece la volontà di preservare (comunque dovesse andare) la tradizione del TG3 Calabria: ecco perché è terribilmente compromettente e rischia d’indebolire la credibilità del rinnovamento che si dice di voler proporre.

Non ho alcun elemento per scegliere tra la tesi di un progetto perverso e quella di un grave errore. Non conosco l’on. Magorno e non ho nulla contro di lui. Ho guardato con attenzione e rispetto alle sue mosse. Ma mi rendo conto che la Calabria è quella che è ed è quindi sempre meglio mettere le mani avanti fornendo ai lettori notizie, spunti di dibattito e possibili chiavi interpretative. I più delle volte la cosa non piace. Ma è la stampa bellezza, direbbe il vecchio Bogart.

*Un'ampia sintesi di questo articolo con è già apparsa sull'Ora della Calabria del 7 aprile e viene qui riproposto nella sua versione integrale.