di ALDO VARANO - Aveva la maglietta sudata il Governatore (ex) Scopelliti quando è sceso dal palco. E la testa alta. Ma il corpo è appesantito. Forse anche lui avrà pensato che gli allenatori potrebbero decidere di non farlo più scendere in campo. Dev’essere questo il suo rovello di questa pasqua di passione
Loro, gli allenatori, una giovane signora e due vecchi marpioni (De Girolamo, Lupi e Sacconi) stanno attentissimi a non compromettersi sulle future formazioni. Parole, sorrisi, e caro Peppe a piene mani. Ma impegni davanti alla piazza, zero. Parleranno tutti e tre, uno via l’altro. Tutti e tre carini e gentili. Scopelliti è stato bravo sulla sanità, ha affrontato i problemi, uscirà assolto e pulito dalla mazzata della condanna a sei anni di galera, tornerà come prima. Non hanno dubbi, i tre; ci mancherebbe. Ma la parola Europa, non la dirà nessuno di loro. Neanche per sbaglio. Figuriamoci se dicono europee, come elezioni, come candidatura di Scopelliti alle elezioni europee da capolista e per essere eletto.
Eppure lo sanno tutti sul palco e nella piazza a cominciare dagli amici di Peppe: la condizione perché l’ex presidente della Calabria non esca di brutto, e definitivamente, dalla scena politica è che si candidi e venga eletto al parlamento europeo. Tutto il resto è chiacchiera e retorica.
Ma ci sarebbe imbarazzo a Roma. Il Ncd punta ai voti moderati: mica è facile mettere in cima alla propria lista uno (sia pure solo in primo grado) condannato a sei anni. E così la notizia più importante della manifestazione, una dimostrazione di forza voluta per dimostrare che Scopelliti, condanna o no, i voti li ha ed è amato dai calabresi (e quindi i voti li può portare al Ncd) è questa: tutti e tre i missi dominici di Alfano e Quagliarello, la parola europee non la pronunciano mai e Scopelliti è costretto a fare come loro e a restar zitto sull’argomento.
All’inizio, quando Lupi si concede ai cronisti, glielo chiedono: “Ma Scopelliti lo candidate o no alle europee?”. Annusa una trappola Lupi, e arranca: “Non dipende da noi … Deve decidere lui”. E il cronista: “Vuol dire che non ve lo ha chiesto e appena lo fa lo candidate?”. E Lupi: “Non ne abbiamo ancora parlato. Domani facciamo il Ncd…”. Ma come? Invece di reagire: certo che lo candidiamo; subito, se si decide ad accettare alle nostre richieste; ci mancherebbe altro, è una risorsa; e vi dicendo; il ministro Lupi diventa un’animella indeterminata e sospirosa.
Che non se ne sia parlato è escluso e nessuno ci crede. Quelli del Ncd non sono tanto irresponsabili da non aver deciso e pensato a nulla a un pugno di giorni dalla scadenza della presentazione delle liste. Lupi è guardingo perché la possibilità che Scopelliti si candidi alle europee è ancora e sempre tutta in salita, nonostante il buon Chiappetta un giorno sì e l’altro pure stia lì a spiegare (ma chissà che pensa veramente?) che se vuole candidarsi Scopelliti lui si tira indietro.
Lo psicodramma e la guerra dei nervi tra chi vuole essere candidato e chi si trova in imbarazzo s’è snodato in una piazza Duomo affollata attorno alla parola d’ordine “Prima di tutto la Calabria”. Il palco è dentro la piazza, assieme a una teoria di capannoni e due camion. Di folle importanti piazza Duomo ne ha viste di migliori, ma è anche vero (questo conta in politica) che in questo momento nessuno forse avrebbe ha la forza di fare una manifestazione uguale a quella di Scopelliti con un bel po’ di gente e molti giovani, a tratti tanto entusiasmo e parole belle.
Scopelliti, come avendo avvertito l’infittirsi delle difficoltà è apparso in difesa. Una colomba che più colomba non si può. Inedito per lui. In oltre 40 minuti solo tre affondi, peraltro accettabili. Contro la Bindi “che non capisce nulla di mafia”, contro Claudio Fava, di nome e di fatto (che volesse dire favazza?) ma manifestando rispetto per la sua storia (allusione al padre vittima di mafia) e un “comunisti da strapazzo” (ma l’ufficio stampa della Regione che fa? non gli può spiegare che non ci sono più?) che per l’ex sindaco di Reggio è manifestazione del Dna di cui va fiero.
Eppure Scopelliti con la manifestazione aveva chiamato banco. Dietro l’appuntamento non è difficile scorgere che questa è l’ultima mano. O si rifà e rimette (almeno) un piede tra l’olimpo degli eletti o perde tutto. Troppo esperto per non sapere che le regole non si possono modificare. Se esce dal giro, se non è sindaco, non è Governatore – o se almeno non è parlamentare, postazione già difficile per la risalita - torna a essere uno come tutti gli altri. Resterebbe solo a rigirarsi tra le mani la maglietta sudata e non più utilizzabile.
Le regole della politica sono feroci. Ormai da decenni i politici potenti non sono amati, ma soltanto temuti. E si è temuti perché si ha il controllo politico di un bilancio. Se sei sindaco, Governatore, sottosegretario o almeno presidente di un ente che manovra quattrini, che distribuisce consulenze, che agevola carriere, favorisce assunzioni. Se sei questo, funzioni, hai consenso, prendi voti. Quando tutto questo sparisce, è come una fiumara a gennaio che si porta via tutto: voti, consenso, amici, fedeltà, prospettive.
E’ questo il nodo che il Governatore deve sciogliere. Tutto il resto è inessenziale come ben sanno quelli che gli stanno attorno per potersi meglio divedere quel che resterà.