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Sembra un umano. Un umano dallo sguardo spento e malinconico. Come se stesse ripensando alla semplicità del passato.

 

L'albero di Natale se ne sta  ritto e spoglio nell'angolo del grande soggiorno in attesa di essere addobbato. Come uno di quei vecchi manichini sartoriali col treppiedi in ferro, che rimane immobile ad aspettare di essere vestito dalle mani sapienti di una creatrice di moda. Se lo guardi bene e con un po' di fantasia, sembra quasi un umano in pieno avvilimento. Eppure, di addobbi dentro quelle scatole polverose ce ne sono un'infinità.
- Ma che aspetteranno per agghindarmi? - sembra chiedersi. Eh, mio caro albero, tu non puoi capire perché per un anno intero te ne stai chiuso a dormire dentro una scatola e ignori di come le mode cambino! Vale per tutto. Anche per gli alberi di Natale. Che se non ti adegui i vicini spettegoleranno anche per quello. Una volta era facile ed era bello addobbarlo. Non si andava troppo per il sottile e se il colore delle palle stonava con il resto dell'arredamento nessuno ci faceva caso. Purché fosse stato luccicante, ricco di ninnoli e con le immancabili monete di cioccolata che duravano neanche fino a Santo Stefano.

Adesso, nei giorni che precedono le festività senti dei veri trattati sull'argomento. Viola? No, macché! Non si usa più il viola. Bianco, tutto bianco con qualcosa di argentato. Il bronzo ce lo vedo di più comunque nel tuo soggiorno. Con tante piccole lucciole dorate.
Ma che lingua parlano, mi domando pensando a quei rami di abete finto contrassegnati dalle lettere dell'alfabeto. Tanta prosopopea che, nemmeno per la scelta di un abito da sposa. Insomma, anche l'albero di tendenza. Come i locali scelti dai giovani. Come l'abbigliamento. O il linguaggio. Seduta in attesa dal parrucchiere, sfoglio svogliatamente una rivista. Anzi fingo di leggere, perché in realtà sono incuriosita dalla signora che addobba l'albero con le palle in vetro di Murano. Sottolineando di come, se dovessero arrivare bambini a casa sua, lei corra a chiudere la porta della sala dove brilla il prezioso monumento. Sorrido e provo un sentimento strano, che non è rabbia. Forse compassione. Ma scusate, Natale non è la festa dei bambini? Non è per loro che addobbiamo case, accendiamo luci, colori, cantiamo canzoncine, popoliamo presepi, incartiamo regali, sforniamo dolci? 
Se l'albero di Natale non possono toccarlo i bambini, penso che qualcosa  nell'evoluzione della specie non abbia funzionato. Non esiste immagine al mondo dove accanto all'albero che sia grande, piccolo, spennato, ricco, rosso, innevato, con i fiocchi, col puntale, finto, vero non vi sia un bambino che lo guarda felice e se ne infischia se il rosso si abbini bene al dorato. La gente ricompra gli addobbi, anche se lamenta la crisi. E riveste l'albero di quella  attenzione ad apparire, tipica del nostro tempo. Anche l'albero. Perché poi c'è la foto sui social e non possiamo fare brutta figura con un albero fuori moda. Intanto, ritto e spoglio è ancora lì ad aspettare di essere avvolto nelle luci intermittenti e addobbato. Sembra un umano. Un umano dallo sguardo spento e malinconico  Come se stesse ripensando alla semplicità del passato. Quando bastava poco e l'entusiasmo con cui ogni famiglia lo addobbava, annullava i suoi tempi di attesa solitario e al buio. Quando si inventava la neve sui suoi rami con dei batuffoli di candido cotone. E lui, povero albero non era costretto alla sfilata di moda.