Un inno alla resistenza e alla ribellione contro il cinismo di sempre
(Immagine tratta dal web)
Originale, visionario, romantico. Un film fiabesco a tinte scure ma raccontato con raffinatezza, quasi in punta di piedi, e che mostra di avere più livelli di lettura e diversi messaggi da trasmettere, tutti importanti.
Un inno alla resistenza e alla ribellione contro il cinismo di sempre. La rivincita dei cuori puri e della grazia degli umili sull’odio dei potenti, sulla brutalità degli interessi e sul disprezzo per le diversità. Perché quello che conta non sono il tuo status sociale, il tuo lavoro, né quello che la gente pensa di te. Le cose che danno valore alla vita di una persona sono ciò che quella persona sceglie di fare – “se noi non facciamo niente, non siamo niente” – e la sua capacità di amare.
Di questo parla The Shape of Water (La forma dell’acqua) del regista Guillermo Del Toro, Leone d’oro e Oscar come miglior film.
In un’atmosfera un po’ cupa - Baltimora, 1962, in piena guerra fredda - si dipana davanti ai nostri occhi il filo di una storia in cui si susseguono attività di spionaggio, discriminazioni, amicizie e l’amore tenerissimo, inaspettato e non convenzionale fra la silenziosa e solitaria Elisa e una strana creatura anfibia, tenuta rinchiusa in un laboratorio governativo. Una storia che ricorda in parte Avatar e in parte Il favoloso mondo di Amelie, con quel realismo magico che li ha resi speciali e il tentativo di rispondere all’unica domanda che in fondo conta davvero.
L’amore è ciò che guarisce le ferite che la vita ci infligge, l’unica cosa in grado di salvarci. La vita è lì che tenta di affondarci, di farci affogare, è “il naufragio dei nostri progetti” e l’amore ci permette di affrontarla, di navigare il fiume che sgorga dal passato e che è il tempo.
Alda Merini diceva che ogni uomo inventa il suo tipo d’amore. E l’amore è come l’acqua, capace di riempire e di assumere la forma di ciò che la contiene, senza distinzione.